Ecco l’estate: l’anguria
L’anguria, nota tra i botanici come cucumis citrullus o citrullus vulgaris, è uno dei frutti più amati della stagione estiva, con il suo cuore rosso e ricco di semini.
Se nell’Italia settentrionale l’anguria è chiamata cosi da secoli, in Toscana è chiamata cocomero, in napoletano è il melone d’acqua e tra le versioni dialettali ci sono pateca in Liguria e zipangulu in Calabria, mentre nelle lingue straniere è nota come watermelon, wassermelon, melon d’eau e sandia.
Per l’origine del nome dell’anguria oggi ci sono diverse spiegazioni, ad esempio cocomero farebbe riferimento al colore del cetriolo, verde come la pelle dell’anguria, mentre il noto nome di anguria avrebbe una derivazione bizantina da angouri, cioè frutto immaturo.
Invece l’inglese watermelon e il francese melon d’eau si riferiscono all’elevato contenuto di acqua di questo frutto.
Sulla provenienza dell’anguria si sa che questo dolce frutto fosse conosciuto nell’antico Egitto, dove si credeva fosse nato dal seme del dio Seth, e dove era sepolto nelle tombe dei faraoni tra i cibi che sarebbero serviti nell’aldilà; a testimonianza di questo ci sono rappresentazioni di angurie nelle tombe.
Dell’anguria si racconta anche nella Bibbia, dove gli Ebrei, stremati nel deserto del Sinai, rimpiangevano quei rossi e succosi frutti mangiati in Egitto, mentre nella civiltà greca l’anguria era indicata con lo stesso nome del cetriolo, come nel mondo latino, ma fino a Virgilio, mentre Plinio per cucumis pare che intendesse proprio il cocomero.
In Europa, l’anguria era già presente dopo le Crociate e le invasioni moresche.
Per riconoscere un’anguria buona, che è in vendita da maggio a settembre, bisogna vedere il suo livello di maturazione, infatti, la buccia deve essere tesa e non avvizzita, poi si deve battere con le nocche sulla superficie del frutto, dove il suono non deve essere sordo, ma molto nitido.
Ci sono anche angurie dalle forme strane, come quelle cubiche, adatte da impilare, e persino una dalla forma di una piramide di un agricoltore di Tsukigata in Giappone, di cui 16 esemplari vennero venduti all’equivalente di 400 euro.
Il primato dell’anguria più grande è di una coppia del Tennessee che nel 2010 ha trovato nel suo giardino un’anguria di 132 kg.
Da ricordare anche l’arte del watermelon carving, cioè l’intaglio dell’anguria in forme di rose e molto altro, giocando sul bel cromatismo della polpa e della buccia.
Ma la buccia dell’anguria non è da buttare via, infatti con una salamoia aromatizzata con l’aneto e altre spezie si crea il pepene murat, una specialità della Moldavia romena, perfetta per un contorno dal sapore insolito.