E la chiamano estate: Il Bellini La classe dell’Harry’s Bar
Ideato da Giuseppe Cipriani nel 1948 nell’Harry’s Bar di Venezia, il Bellini è il simbolo dell’estate veneziana, con il suo dolce sapore della pesca nascosto tra mille bollicine.
L’Harry’s Bar venne fondato nel 1931 da Giuseppe Cipriani e il suo nome deriva dal giovane studente statunitense Harry Pickering che, arrivato negli anni Venti a Venezia con una zia per tentare di curarsi dal suo vizio del bere, venne da lei lasciato solo in città con pochissimi soldi dopo un litigio.
Cipriani, allora barman nell’hotel Europa & Britannia, dove risiedeva lo statunitense, impietosito prestò al giovane 10.000 lire, una somma considerevole per l’epoca, per permettegli di rientrare in patria.
Due anni dopo, il giovane del tutto guarito, tornò a Venezia e, rintracciato Cipriani gli restituì l’intera somma aggiungendovi 30.000 lire in modo che potesse aprire un suo locale.
Cosi Cipriani decise di chiamare il locale Harry’s Bar in onore del suo benefattore, inaugurandolo il 13 maggio 1931.
Il locale, che fungeva sia da bar sia da ristorante, ebbe un immediato successo, soprattutto da parte di una clientela intellettuale e colta, con nomi come Rino Amato, Arturo Toscanini, Georges Braque, Truman Capote, Charlie Chaplin, Peggy Guggenheim, Barbara Hutton, Somerset Maugham, Grégoire Hetzel, Barbara Carlotti, Mauro Gioia e Orson Welles.
Durante la seconda guerra mondiale, il bar divenne una mensa per i marinai, poi finito il conflitto bar riprese la sua attività.
Nell’inverno tra il 1949 e il 1950 lo scrittore statunitense Ernest Hemingway fu un cliente fisso, con un tavolo personale esclusivo, diventando amico di Cipriani, oltre a finire la stesura del suo romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi, in cui l’Harry’s Bar è citato numerose volte.
La gestione del bar, dopo il ritiro di Giuseppe Cipriani, è passata al figlio Arrigo, che nel 2016 ha ricevuto alla Camera dei Deputati il Premio America della Fondazione Italia USA.
Il nome del Bellini venne scelto dal fatto che il colore rosato del cocktail ricordò a Ciprani il colore della toga di un santo dipinto in una tela del Bellini, così decise di dedicare il cocktail al pittore.
Dopo poco tempo il Bellini divenne uno dei cocktail stagionali più apprezzato dell’Harry’s Bar, amato da Hemingway, Gianni Agnelli, Sinclair Lewis e Orson Welles e riuscì a conquistare anche New York con l’apertura di una filiale statunitense del celebre bar veneziano.
Per fare un buon Bellini occorrono 10 cl di Prosecco e 5 cl di polpa di pesca bianca veronese,
che deve essere schiacciata e non frullata, poi mescolata lentamente al Prosecco per non provocare
una perdita eccessiva di gas.
Il Bellini viene servito in un flûte ghiacciato
A seguito della diffusione limitata delle pesche bianche e del prosecco, esistono
numerose varianti di questo cocktail, con lo champagne, diventa Bellini Royal, per una versione non alcolica, si possono usare succhi frizzanti o la soda al posto del vino, ma ci sono anche il Rossini con le fragole al posto della pesca, il Mimosa con la spremuta d’arancia fresca e il
Tintoretto delle zone limitrofe di Venezia con il succo di melograno, oltre a una versione commerciale vendibile in bottiglia con un pizzico di succo di lampone aggiunto alla ricetta originale.