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Sapori d'inverno: La Pink Lady

  • Paola Montonati

1008Con il loro sapore dolce, e la colorazione dalle sfumature rosacee, le mele Pink Lady sono fra le varietà adatte per il consumo fresco ma anche per le ricette fin dagli anni Settanta del Novecento, quando sono apparse sul mercato.

La Pink Lady nasce in Australia nel 1973, come un incrocio ottenuto tra una varietà australiana e un’americana, la Lady Williams e la Golden Delicious.

Il nome deriva dal particolare colore che assume la buccia, con una colorazione rossastra e rosa, che assume striature sul verde.

Si tratta di una mela croccante e dal sapore dolce, con qualche nota acida nel retrogusto, mentre il frutto ha una forma leggermente ovale e, tagliato, vede una polpa chiara e molto consistente.

Per ottenere queste caratteristiche, la coltivazione è molto estesa, in  modo che la varietà possa ricevere una forte irrorazione solare per tutta la stagione di crescita.

Infatti questo incrocio necessita di climi caldi per poter crescere bene, così l’Australia rappresenta il suo paese simbolo, anche se è coltivata anche in altre parti del mondo.

La Pink Lady sono consumate fresche, come spuntino pomeridiano, ma sono usate anche per la preparazione di dolci estivi, prodotti da forno, oltre a una serie di abbinamenti con primi e secondi salati, poiché se queste mele mantengano un gusto dolce, hanno anche quella nota acida di retrogusto.

Nel loro profilo nutrizionale la Pink Lady è ricca di sali minerali, come calcio, ferro, potassio, magnesio e boro, nonché di vitamine dei gruppi B, C ed E, quindi di polifenoli e antiossidanti.

Per i benefici legati a questo frutto, il più evidente è quello di ridurre l’assorbimento di zuccheri semplici e complessi provenienti da altri cibi.

Inoltre, l’elevata disponibilità di vitamina C è utile al rafforzamento delle difese immunitarie, soprattutto per prevenire i malanni di stagione.

Ma anche il buon apporto di vitamina E ha un effetto immediatamente antiossidante, ideale per il contrasto dei radicali liberi, considerati da sempre i primi responsabili dell’invecchiamento cellulare.

 

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