Una ricerca pavese da Nobel
Nuovi studi italiani segnano una svolta per l’utilizzo del Ceamohabtidis elegans, un piccolo verme che è stato al centro di ricerche e studi spesso premiati con il premio Nobel per la medicina.
Infatti, grazie a una ricerca promossa da una collaborazione del Centro dello studio e la cura della amiloidosi sistematiche dell’Irccs Policlinico San Matteo e il dipartimento di biochimica e farmacologia molecolare dell’Irccs Mario Negri di Milano con il contributo di alcuni scienziati delle università di Torino e Milano e pubblicata sulla prestigiosa rivista medica “Blood”, si è scoperto che questo piccolo organismo agisce come un “sensore” in grado di riconoscere quelle proteine che sono la causa dell’ amiloidosi da catene leggere delle immunoglobine, una malattia cardiaca provata dai tumori del sangue.
Come hanno spiegato in una nota i ricercatori, l’amiloidosi da catene leggere delle immunoglobine è provocata da un tumore che danneggia le cellule del sangue producendo una immunoglobina monoclonale che col passar del tempo si depone in molti organi, danneggiandoli gravemente, in particolare il cuore.
Fino a oggi le analisi sulla cardiopatia da amiloidosi erano limitate per la mancanza di modelli animali, e questa nuova ricerca è la prima a utilizzare il Ceamohabtidis elegans per lavorare su questa patologia.
Lo studio ha avuto il supporto dell’associazione italiana per la ricerca sul cancro, nel contesto del programma speciale “5x1000” a cura della Amyloid Foundation, della Fondazione Policlinico San Matteo e della Fondazione Mintas per il San Matteo e dalla Banca Intesa San Paolo e dalla Fondazione Cariplo per l’istituto Mario Negri.
“Sebbene questo nematode, che è comparso più di 400 milioni di anni fa, sia molto distante dai vertebrati” come dice Luisa Diomede dell’istituto Mario Negri, il Ceamohabtidis elegans “rappresenta un buon modello per lo studio delle malattie umane. Noi l'abbiamo usato per la prima volta per chiarire i meccanismi con cui le catene leggere delle immunoglobuline inducono cardiotossicità” utilizzando il fatto che “le cellule muscolari della faringe di C. elegans si contraggono in modo autonomo proprio come quelle del cuore umano. Abbiamo osservato che le proteine che causano danno cardiaco nei pazienti danneggiano in modo specifico la faringe del verme”
“È un ottimo esempio di studio traslazionale che unisce la ricerca di base alla pratica clinica” spiega il direttore del centro per lo studio e la cura delle amiloidosi sistemiche del San Matteo Giampaolo Merlini “Abbiamo infatti verificato la completa corrispondenza fra le osservazioni in clinica nei pazienti con amiloidosi e danno cardiaco e i risultato ottenuti con questo innovativo modello. La possibilità di definire precocemente il potenziale cardiotossico delle immunoglobuline consente di ottimizzare l'approccio terapeutico e di prevenire i danni al cuore causati dalla amiloidosi, migliorando così la qualità e la durata della vita dei pazienti”