San Michele diventa un faro di speranza
Una casa in cui non si fanno distinzione di sesso e nazionalità, ma si accoglie chi ne ha bisogno, dai profughi dall’Africa devastata dalla guerra ai russi in fuga dal dramma dell’Ucraina.
E’ questo il progetto del nuovo centro di ascolto e distribuzione dei vestiti della Comunità di Sant’Egidio a Pavia, vicino alla chiesa di San Michele, che darà una mano a chi spesso non ha vestiti puliti a portata di mano, oppure perde il cappotto che per proteggersi dal freddo dell’inverno.
Alla cerimonia d’inaugurazione, che si è tenuta domenica pomeriggio in piazzetta Azzani, hanno partecipato il sindaco Massimo Depaoli e il vescovo di Pavia Giovanni Giudici, oltre a una folta rappresentanza dei pavesi impegnati da anni nel sociale e alcune famiglie del Vallone, il quartiere popolare che è sede di uno dei primi progetti ideati dalla Comunità di Sant’Egidio al suo arrivo a Pavia.
“Ricordo quando è nata la Comunità in Italia 47 anni fa” dice il vescovo Giudici “e la passione con cui pochi anni fa Giorgio e altri universitari hanno portato a Pavia il carisma di Sant’Egidio. Vedere quanto è cresciuta la comunità, fa riflettere sulla necessità di mettere passione negli impegni che si prendono”.
Anche Chiara Rapella, la responsabile del centro di Sant’Egidio, parlando dal pulpito della chiesa di San Michele si è dichiarata soddisfatta del risultato ottenuto “Accoglienza e rispetto si mostrano nella scelta dei vestiti, nella cura degli ambienti, nell’ascolto, anche se spesso non riusciamo a rispondere, se non in minima parte, ai bisogni delle persone che ricorrono a noi. Ascoltiamo persone che subiscono sulla loro pelle le guerre e le tragedie che per noi sono solo notizie dei Tg: persone scappate dalla furia di Boko Haram, ragazze di Donestk. Siamo una finestra sui dolori del mondo, vogliamo restituire pace a chi è stato ferito dalla vita”.
Mentre Maria Benotti, della comunità, ha ricordato Luigi Boffini, che per anni è stato l’anima della Caritas di San Michele “Ringraziamo chi ha permesso la costruzione di questo luogo di pace nella città e chi ha fatto tanto prima di noi”.
“La pace” ha detto il sindaco Depaoli “non è un dato di fatto, va costruita. Gestire i conflitti senza negarli, fare comunità tra i gruppi diversi per cultura e religione che abitano Pavia: volersi bene in senso generico non porta a nulla. Lo stato nella sua laicità si relaziona con tutti e deve essere capace di cogliere il meglio da ogni religione e cultura: progetti come questo aiutano anche il lavoro di noi amministratori creando un clima di coesione. La convivenza presuppone la condivisione di regole del vivere civile e la responsabilità di non lasciare indietro gli ultimi”.
Il centro sarà aperto a sabati alternati, a partire dal 28 febbraio, dalle 16 del pomeriggio.