La riconversione del tessile, per la produzione di mascherine e camici medici. Si va verso la produzione di 1,5 milioni di mascherine al giorno
Con la stretta imposta dal Governo sulle fabbriche non essenziali e negozi, per il contenimento del contagio, si è cristallizzato il commercio e si è bloccato momentaneamente uno dei comparti principali dell'economia italiana, l’industria tessile, quella della moda e dell'abbigliamento in generale. Un settore vitale e primario, che in Italia conta conta 219mila imprese e 833mila addetti per un giro d'affari di oltre cento miliardi annui. Un'area economica vitale e di straordinaria importanza soprattutto per quanto riguarda gli scambi commerciali con l'estero, dove i prodotti con "Made in Italy", sono sempre più richiesti ed apprezzati.
In questo momento particolare con la mancanza di mascherine, camici medici e di materiale per ospedali, come indumenti per infermieri, lenzuola e altro ancora, sono molte le aziende che si stanno attivando per dare una mano al sistema paese.
Si va dai grossi marchi alle piccole e medie aziende, ai terzisti, ai laboratori che stanno riconvertendo la loro produzione, per fare fronte all'esigenza del momento, contribuendo a salvare vite umane e ripartire poi nel più breve tempo possibile.
Tra i grossi nomi Giorgio Armani è stato il capofila, oltre alla donazione di 2 milioni di Euro, ha riconvertito alcuni reparti italiani nella produzione di camici monouso, destinati alla protezione individuale degli operatori sanitari impegnati a fronteggiare il coronavirus.
Rimanendo sul territorio lombardo Giglio group, società di e-commerce 4.0, ha adattato prontamente una parte della propria attività per far fronte alle esigenze dell’emergenza sanitaria. Ha convertito alcune piattaforme e linee logistiche, destinate al prodotto moda ai fini di reperire mascherine. Attraverso la sua struttura in Cina, in meno di dieci giorni, ha recuperato 6.340.000 mascherine per valore di circa 4,5 milioni di euro. Questo primo ordine è destinato in parte alla Regione Liguria e in parte ad altre aziende che svolgono servizio di pubblica utilità sul territorio nazionale.
Bulgari ha deciso di produrre insieme al suo storico partner di fragranze, ICR (Industrie Cosmetiche Riunite, Lodi), diverse centinaia di migliaia di flaconi di gel disinfettante per le mani da fornire in via prioritaria a tutte le strutture mediche attraverso il coordinamento del Governo. La produzione prevede 6000 pezzi al giorno fino ad arrivare ad un totale di 200.000 pezzi in circa due mesi.
A Rho, alle porte di Milano, da lunedì la Fippi, azienda familiare per la produzione di pannolini, produce mascherine in collaborazione con il Politecnico di Milano, il ritmo di produzione è sui 900mila pezzi giornalieri.
Il territorio dell'altomilanese, è da sempre una delle patrie dell’industria tessile. Sono molte le piccole e medie imprese che hanno deciso di riconvertire la produzione per soddisfare le esigenze sempre più pressanti, di cittadini, lavoratori e operatori sanitari, di mascherine di protezione.
La Bc Boncar di Busto Arsizio, specializzata in packaging in tessuto per beni di lusso, ha iniziato la produzione di mascherine per ospedali e amministrazioni. A Cardano al Campo la Confezioni Damap, da settimane produce ormai mascherine protettive realizzate in 100% cotone e costituite da 3 strati di tessuto con all’interno un sottile strato di TNT (tessuto non tessuto) al 65%. Nella vicina Ferno, la ITC e la New CI, produttrici rispettivamente di abbigliamento e materiale tessile per la notte, si sono mosse per la produrre le tanto richieste mascherine protettive. Saranno sul mercato solo dopo la certificazione da parte della Regione Lombardia, in forza del protocollo produttivo studiato da Regione e Politecnico di Milano per garantire l’idoneità del materiale prodotto. Il Ricamificio Amalfi di Casorate Sempione, è intervenuto in collaborazione con la Gemi Health&Care di Gemonio per la certificazione e la distribuzione delle mascherine.
Riconversione anche per il Maglificio Lisanzese di Sesto Calende che produce mascherine di cotone trattato con idrorepellente che non consente il passaggio delle “goccioline” che trasmettono il Coronavirus e sono lavabili a 60 gradi. L’azienda ha stretto una collaborazione per la distribuzione con la TD Group di Galliate Lombardo, che opera nel settore nelle pulizie aziendali. La Di-bi, azienda di Besozzo (Va) specializzata in abbigliamento sportivo, dal 13 marzo ha riconvertito la produzione in mascherine, per case di riposo ed ospedali.
In Piemonte, la storica Herno di Lesa sul Lago Maggiore, uno dei marchi più conosciuti della moda italiana, per la produzione di di impermeabili e capispalla, sta impegnando la propria capacità produttiva a favore dell’emergenza sanitaria: l’azienda guidata da Claudio Marenzi, presidente di Confindustria Moda, produrrà circa 10.000 camici al mese e 25.000 mascherine, destinate al territorio e in particolare all’ospedale di Verbania. Tutte le sere la protezione civile passa dall'azienda e ritira la produzione.
Prada, dal 18 marzo ha avviato su richiesta della Regione Toscana la produzione di 80.000 camici e 110.000 mascherine da destinare al personale sanitario toscano secondo un piano che prevede consegne giornaliere che saranno ultimate entro il 6 aprile. Camici e maschere sono prodotti internamente nell’unico stabilimento gruppo a Montone (Pg) rimasto operativo a questo scopo.
Sempre in Toscana c'è il caso di una storica azienda di Massa che ha convertito la propria storica produzione di materassi alle mascherine per combattere il Cornavirus. La produzione è già iniziata nella scorsa settimana grazie al coinvolgimento di tantissime sarte che, attraverso un appello social, hanno risposto all’invito dei proprietari. Le sarte stanno lavorando tutte da casa. Ad Arezzo, Monnalisa, leader nel settore dell'abbigliamento per bambini, ha deciso di destinare parte dei suoi sforzi produttivi alla realizzazione, di mascherine chirurgiche in TNT. Ha già consegnato un primo lotto di circa 2000 unita', alle amministrazioni e forze dell'ordine locali. Altri 4200 pezzi saranno consegnati alla USL Toscana Sud, per le necessita' del personale medico e paramedico.
In Emilia-Romagna, l'Unindustria Reggio Emilia, Confindustria Emilia-Romagna, Sanità Regionale, Comune di Reggio Emilia e Tecnopolo del Biomedicale di Mirandola hanno fatto sistema per produrre 150mila pezzi al giorno, affidandosi allo storico comparto della maglieria e prontomoda, che prospera da decenni tra Reggio Emilia, Modena e Carpi.