Cultivar, la biodiversità all’Università di Pavia
La biodiversità locale del Pavese è sempre più dimenticata con il passar degli anni, coltivata in poche località e in scarsa quantità, come consuetudine di famiglia e con le stesse sementi, tramandate da generazioni, per conservare gli antichi sapori della tradizione.
L’attività agricola moderna da un lato e l’età anagrafica spesso portano moltissimi ad abbandonare queste colture uniche, con la perdita di una parte della biodiversità irripetibile.
E’ fondamentale che per salvare queste antiche varietà agricole dall’estinzione bisogna censirle, recuperare almeno parte dei semi e conservarli in sedi sicure, come le Banche del Germoplasma dell’Università di Pavia, poi sarà possibile studiarle, in stretta collaborazione con chi le ha coltivate a casa propria e che conosce i segreti per crescerle e valorizzarle in cucina.
Con i dati raccolti si potrà poi chiedere al Ministero dell’Agricoltura l’iscrizione a uno strumento normativo per salvaguardare queste piante, riconoscendone l’esistenza e dandogli così un’identità, per non perderle.
Si tratta della legge nazionale n. 194/2015 sull’agrobiodiversità, che la Regione Lombardia vuole mettere in pratica, grazie anche al progetto Cultivar, acronimo di Individuazione, Catalogazione e Incremento delle collezioni di risorse genetiche vegetali a rischio di estinzione o erosione genetica d’interesse agricolo in Lombardia, che sta realizzando l’Università di Pavia per ritrovare le piante testimoni della cultura contadina della Lombardia.
E’ possibile anche agli agricoltori custodi di queste piante, nonché agli appassionati e ovviamente alle istituzioni che si occupano di agro biodiversità, l’iscrizione al progetto, come aziende agricole che le conservano in campo e in base a questo si potranno scambiare tra loro, in modo del tutto legale, i loro semi.
Fino a giugno 2020 l’Università di Pavia, su mandato della Regione Lombardia, potrà ricevere la segnalazione di studi, ricerche, indicazioni anche di antiche colture, da seme o legnose come Frutti antichi o tuberi, come quelli delle patate, per contribuire a redarre un primo elenco regionale, cui sta lavorando il dottor Adriano Ravasio della Banca del Germoplasma dell’Università di Pavia.