Recuperati tra Pavia e Roma i manoscritti perduti di Verga
Questa settimana si è conclusa dopo ben ottant’anni col sequestro a Pavia e Roma di circa 36 manoscritti, oltre a migliaia di stampe fotografiche di lettere, centinaia di lettere autografe, bozze, disegni e appunti di Giovanni Verga, una lunga e complicata vicenda iniziata quando negli Anni 30 il figlio dello scrittore consegnò alcuni manoscritti verghiani a uno studioso di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, ma il prezioso materiale non venne più restituito.
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale che sono riusciti a rintracciare e a sequestrare tra Pavia e Roma l’ingente produzione letteraria, che è di proprietà del Fondo Verghiano.
Il valore attuale dei beni recuperati, attualmente depositati presso il Fondo manoscritti dell’università di Pavia dopo il sequestro penale, è valutato in circa 4 milioni di euro.
Nel 1978 Pietro Verga, che stava cercando di entrare in possesso delle carte, vendette al Comune di Catania il corpus delle carte Verga, incluse le opere che non erano state ancora notificate.
Il Comune mise la questione nelle mani della Regione Sicilia, che accettò la vendita di tutto il fondo ma di fatto ne ricevette soltanto una piccola parte per la somma di 89 milioni di lire.
Da allora, il Comune di Catania e gli eredi Verga hanno cercato di riottenere le carte dalla figlia dello studioso, che nel frattempo era deceduto.
La vicenda ha subito una svolta decisiva quando la Soprintendenza ai Beni Librai della Regione Lombardia ha scoperto un Fondo verghiano in vendita presso una casa d’aste che lo aveva ricevuto proprio dalla figlia dello studioso.
Avendo constatato il pregio e la rarità delle carte, la Soprintendenza ha avviato un procedimento di dichiarazione di interesse culturale e contemporaneamente, accertato il precario stato di conservazione delle carte, ne ha ordinato lo spostamento e il deposito temporaneo del Fondo Verga presso il Centro di ricerca del Fondo manoscritti dell’Università di Pavia, dove è tutt’ora custodito dopo il successivo sequestro penale operato dai Carabinieri del TPC.
Le varie perquisizioni ordinate dalla Procura della Repubblica di Roma si sono concluse col rinvenimento e sequestro di un ingente quantitativo di manoscritti e documenti dello scrittore, ma anche di 16 oggetti archeologici integri, risalenti al V-II Sec. a.C, di buona fattura, fra cui degli skyphos, lekythos, kylix e oinochoe a figure rosse provenienti da uno scavo clandestino.