Dal Dna degli italiani nuove informazioni per comprendere la storia genetica degli europei. Lo studio è stato condotto da ricercatori delle Università di Pavia e Torino
Uno studio frutto della collaborazione de nuovo laboratorio di DNA antico del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani” dell’Università di Pavia, il Dipartimento di Scienze Mediche e l’Istituto Italiano per la Medicina Genomica di Torino, il Dipartimento di Zoologia dell’Università di Oxford e molti ricercatori di altre università sia italiane che estere.
Un lavoro di ricerca che ha coinvolto più di 1.500 italiani, provenienti da tutte e 20 le regioni,sono stati analizzati per oltre 200.000 polimorfismi del DNA nucleare (il DNA delle 23 coppie di cromosomi localizzati nel nucleo delle nostre cellule). Questi polimorfismi sono stati poi “allineati” in segmenti cromosomici (aplotipi) che sono stati comparati non solo tra di loro, ma anche con quelli provenienti da molte altre popolazioni europee, mediorientali e africane. Questo confronto, che ha permesso di identificare gruppi genetici simili e di ricostruire dove e quando queste componenti si sono originate, è stato poi esteso al DNA dell’uomo di Neanderthal in modo da valutare quanto questo nostro parente estinto ha contribuito geneticamente alla popolazione italiana ed europea.
È noto che il patrimonio genetico degli italiani è il risultato di una lunga e complessa storia di migrazioni, invasioni, dominazioni e mescolamenti, favoriti dalla posizione geografica della penisola italiana: nel mezzo del bacino del Mediterraneo, connessa via mare con l’Africa e la penisola Balcanica e con l’Europa Centrale dalle Alpi.
Un risultato estremamente chiaro è che la variabilità genetica degli italiani, si distribuisce lungo l’asse Nord-Sud rispecchiando chiaramente la geografia del paese con gruppi di campioni che si discostano, come in Sardegna.
Le differenze che si possono riscontrare in media tra due soggetti presi a caso dalla popolazione mondiale sono intorno allo 0.1%. È noto che il genoma di tutte le popolazioni umane non sub-Sahariane contiene traccia del mescolamento tra Neandertaliani e Homo sapiens, un’ibridazione avvenuta dopo l’uscita dei sapiens dall’Africa (a partire da 60,000 anni fa) nel successivo lungo periodo di convivenza in Eurasia. Recentemente, la disponibilità di sequenze di Neanderthal di alta qualità ha permesso di quantificare questo segnale intorno all’1% – 2% a seconda della popolazione studiata. In questo studio, la proporzione di genoma neandertaliano sia in Italia sia in Europa segue un gradiente nord-sud con gruppi del nord che mostrano maggiore segnale rispetto a quelle del centro e del sud. Sebbene alcune di queste differenze possono essere attribuite alla selezione naturale, è probabile che il gradiente sia in gran parte il prodotto dei diversi eventi di mescolamento tra i gruppi genetici di Homo sapiens sopracitati. In prospettiva, questo studio apre nuovi scenari che necessitano ulteriori chiarimenti, in particolare in merito alla scoperta della nuova, quarta componente genetica identificata nel sud Italia, prima ignota.
Qusto ignoto quarto gruppo ancestrale è uno degli aspetti più intriganti emersi dai risultati dello studio, fornisce infatti un quadro dettagliato dell’impatto che le diverse migrazioni del passato hanno avuto sul nostro genoma. Il quadro è quello di una grande complessità, molto maggiore di quella che si osserva nel resto dell’Europa. Oltre ai tre gruppi ancestrali comuni a tutti gli europei (i cacciatori-raccoglitori del Mesolitico, gli agricoltori neolitici di origine mediorientale e gli allevatori di cavalli dell’Età del Bronzo) sono state scovate le tracce di un gruppo ancestrale geneticamente simile alle popolazioni moderne della regione del Caucaso. Questa componente sarebbe giunta nella penisola italiana, passando dal Sud Italia, in un periodo compreso tra la fine del Neolitico e l’inizio dell’Età del Bronzo.
Una conclusione che apre a nuove ricerche, a nuovi risultati, non solo da un punto di vista storico, per capire chi siamo e da dove veniamo, ma anche dal punto di vista medico e biologico, per nuove scoperte per migliorare la nostra salute.