Torri leggendarie di Pavia
La storia ci racconta di due torri, erette per motivi diversi, che un tempo troneggiavano sulla città di Pavia. Il ricordo della loro storia ci fa tornare indietro nel tempo.
Torre del Catenone
All’epoca dei Visconti, Pavia era uno dei porti fluviali più importanti dell’Italia del Nord, tanto che tramite i suoi canali era possibile arrivare fino all’Adriatico con carichi di merci lombarde e piemontesi diretti verso l’Asia minore, in particolare verso la Cina e l’India.
Inoltre la sua darsena ospitava navi di ogni tipo, dai galeoni fino ad arrivare a piccole imbarcazioni militari e ai più semplici navigli fluviali.
Proprio per proteggere il complesso venne deciso, verso la metà del Trecento, di erigere una torre che avesse lo scopo di difendere la barriera che dal Ticino conduceva all’ingresso dello scalo, allora chiusa solo da una grande catena che attraversava il fondo del fiume, sempre tesa per evitare il passaggio del nemico e mollata solo quando arrivava un convoglio amico.
Ancora oggi è possibile vedere, presso il lato sinistro del fiume, le tracce del punto di ancoraggio della catena presso il bastione della darsena, poco distante dal palazzo delle esposizioni.
La torre, che era stata eretta sulla sponda destra, non solo era il punto di ancoraggio della catena da quella parte, ma era ben fortificata e armata con alcune colubrine che avevano il compito di respingere ogni nemico ed era stata denominata “La torre del Catenone”.
Nel 1525, durante la battaglia di Pavia, i francesi con i loro cannoni danneggiarono gravemente la torre, che venne poi inghiottita dalle piene del Ticino.
Oggi i resti della torre, riemersi dalle acque del fiume, si trovano alla fine delle case abitate del Borgo Ticino, a pochi metri dalla riva.
Secondo la leggenda, nei giorni di nebbia è possibile vedere ancora le ombre dei soldati pavesi intenti a difendere la loro città dal nemico.
Torre del Pizzo in Giù
Verso la fine del Cinquecento, Giasone, il capofamiglia dei nobili Del Maino, tenne un ricevimento nella sua casa, nel centro storico della città.
Durante la cena il nobile si confidò con un amico riguardo al figlio, che stava studiando giurisprudenza presso l’Università di Pavia, purtroppo il ragazzo era pigro e svogliato e sempre bocciato agli esami.
Allora Giasone, abbastanza contrariato dalla situazione, promise che, se il figlio si fosse laureato, avrebbe fatto erigere una torre presso il Palazzo Olevano, che si trovava fra Corso Mazzini e via Cavallotti, allora di proprietà della sua famiglia.
Il nobile non sapeva che il ragazzo aveva ascoltato la conversazione e che, colpito dall’ affermazione paterna, aveva preso la decisione di impegnarsi al meglio negli studi.
Pochi anni dopo, quando il figlio si era non solo laureato con il massimo dei voti, ma era anche diventato un giurista molto stimato, Giasone fece erigere la torre come aveva promesso.
La torre era nota per il fatto che essendo decorata con alcune sculture, vista da lontano, sembrava un pizzo capovolto e per questo venne soprannominata “La Torre del Pizzo in Giù”
Nel 1715, dopo la demolizione del Palazzo Olevano, la torre cominciò a soffrire di gravi problemi strutturali, che portarono al suo abbattimento un anno dopo.