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Pavia al cinema: Il cappotto

  • Paola Montonati

il cappottoNella Pavia degli anni Cinquanta il regista Alberto Lattuada, figlio dei compositore Felice, originario di Morimondo, il paese della grande Abbazia cistercense, girò Il cappotto, tratto dal classico senza tempo della letteratura russo dell’Ottocento di Gogol….

Cast

Antonella Lualdi, Yvonne Sanson, Renato Rascel, Giulio Stival, Leda Gloria

Trama

Nella Pavia degli anni Trenta lo scrivano comunale Carmine De Carmine conduce una vita modesta. In pensione e lavora con impegno , ma viene continuamente mortificato dal segretario generale del comune e dal podestà, un ambizioso politico.

Col suo magro stipendio Carmine non riesce a comprare il cappotto nuovo di cui avrebbe bisogno e un giorno saluta per strada una donna bella ed elegante, sua dirimpettaia, da cui si sente attratto, ma lei, senza guardarlo in volto, lo scambia per un mendicante e gli dona una banconota in elemosina.

A causa dell’umiliazione Carmine  decide a spendere i suoi risparmi di una vita, e corre dal sarto ad ordinare un nuovo cappotto su misura, con un collo di pelliccia.

Sul lavoro, Carmine assiste per caso ad un colloquio in cui degli imprenditori promettono una tangente al segretario, e costui gli promette un cospicuo premio in cambio del suo silenzio.

Intanto il cappotto è pronto e e Carmine lo indossa con soddisfazione, passeggiando per tutta la città e a Capodanno, si reca al ricevimento organizzato dal segretario generale, dove rivede la signora che gli aveva regalato il denaro e che è l'amante del sindaco, anche se non lo sa.

Alticcio per i numerosi brindisi il giovane tiene un discorso a favore dei concittadini poveri e disagiati. accolto però con scherno dai colleghi e con freddezza dal sindaco ma, prima di andare via, fa un giro di valzer con l’amante del sindaco.

Dopo la festa, Carmine si avvia verso casa ed si sente un uomo realizzato, ma strada facendo viene aggredito da un vagabondo che lo deruba del cappotto, così chiede aiuto ma si trova di fronte all'indifferenza della gente e soprattutto del sindaco, che si rifiuta di aiutarlo.

Ormai disperato, Carmine cade vittima di  un esaurimento nervoso che lo debilita fino alla morte ma, come fantasma, disturba con il suo funerale una cerimonia pubblica officiata dal sindaco; poi ritorna per le strade della città a reclamare giustizia, terrorizzando i cittadini con la sua voce e spogliandolo dei loro soprabiti nelle fredde serate d'inverno.

In seguito Carmina si reca a casa dell'amante del sindaco ed infine appare al sindaco stesso e lo spaventa, fino a spingerlo ad un tardivo e sincero pentimento.

Alberto Lattuada

Nato il 13 novembre 1914 a Vapirio d’Adda e primogenito del compositore Felice, Alberto Lattuada fin da piccolo assisteva alle rappresentazioni musicali della Scala di Milano e fu  affascinato specialmente dalle reazioni degli spettatori.

Si laureò  in architettura, per cui nel mondo del cinema, dove sono tutti dottori, fu poi sempre chiamato l'architetto, ma durante gli anni dell'università i suoi interessi si diressero verso le arti visive.

Alberto collaborò a diverse riviste scrivendo di letteratura e poesia e pubblicando articoli e racconti e nel 1941 raccolse le sua foto in L'occhio quadrato.

Cinefilo convinto, durante gli anni Trenta organizzò rassegne cinematografiche e si impegnò per la conservazione delle vecchie pellicole, destinate al macero, fondando insieme a Mario Ferrari e a Gianni Comencini, fratelli del regista Luigi, la Cineteca Italiana di Milano.

Il suo primo contatto con il mondo del cinema fu nel 1933 quando realizzò la scenografia per il cortometraggio Cuore rivelatore di Alberto Mondadori, per poi  recensire i film per Libro e Moschetto, fondò il periodico "Camminare" e, insieme a Luigi Comencini, divenne parte del gruppo antifascista che gravitava intorno alla rivista Corrente.

Negli anni Quaranta Alberto collaborò con Mario Baffico, Ferdinando Maria Poggioli e scrisse insieme a Mario Soldati la sceneggiatura di Piccolo mondo antico (1941) poi nel 1943 debuttò dietro la macchina da presa con Giacomo l'idealista, con il produttore Carlo Ponti e l'attrice Marina Berti.

La figura di Lattuada,  intellettuale colto e aperto alle suggestioni straniere attraversò la stagione del neorealismo e nel 1946 firmò la rilettura del gangster movie americano, Il bandito, interpretato da Carla del Poggio, la protagonista di Maddalena zero in condotta" diventata un anno prima sua moglie.

Nel 1950 insieme a Federico Fellini, autore del soggetto, Alberto diresse Luci del varietà, di cui erano  entrambi produttori associati e sceneggiatori con Pinelli e, non accreditato, Ennio Flaiano e nel 1951 il suo Anna con Silvana Mangano, fu ampiamente lodato anche in America.

Per tutta la sua carriera, Lattuada diresse e scrisse più di quaranta film, attraverso tutti i generi, dagli adattamenti di opere letterarie, ai melodrammi e ai film venati di lieve erotismo, oltre che come un regista attento ai propri attori, capace di estrarre il meglio dalla loro recitazione.

Considerato un grande scopritore di talenti, soprattutto di giovanissime attrici, il regista lanciò nel 1957 in Guendalina  la francesina Jacqueline Sassard e con I dolci inganni nel 1960 Catherine Spaak per cui coniò il termine ninfetta, entrato poi nell'uso comune.

Negli anni Ottanta si dedicò anche alla televisione e diresse il kolossal di grande successo Cristoforo Colombo (1985) e la miniserie Due fratelli (1987).

Il regista nel 1994 fa la sua ultima apparizione, come attore, nel film Il toro di Carlo Mazzacurati, interpretando un burbero uomo d'affari.

Assistito dalla moglie, dopo una lunga malattia Alberto Lattuada morì il 3 luglio 2005 nella sua casa di campagna alle porte di Roma ed è sepolto nella tomba di famiglia del cimitero di Morimondo.

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