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Pavia al cinema: Semmelweis

  • Paola Montonati

semmelweis paviaAlcuni del luoghi più belli di Pavia, come l’Università e l’Orto Botanico, nel 1980 divennero i set dove venne girato Semmelweis, coproduzione italo – svizzera sulla tragica vita del medico che scopri l’origine della febbre puerperale….

Cast

Tino Carraro, Alain Cuny, Giulio Brogi, Enzo Tarascio, Umberto Ceriani.

Trama

Ignác Fülöp Semmelweis, originario di  Budapest, dopo la laurea, nel 1844, riceve un dottorato dall’Università di Vienna con una specializzazione in ostetricia e due anni più tardi è nominato assistente professore alla clinica ostetrica dell’Ospedale generale di Vienna, frequentatò da studenti in medicina che devono eseguire quotidianamente numerose autopsie e, contemporaneamente, senza lavarsi le mani e cambiarsi il camice, anche assistere le partorienti.

Semmelweis scopre ben presto che la mortalità puerperale è molto alta e le puerpere spesso hanno  febbre altissima associata a brividi e tachicardia..

Dopo che un suo caro amico e collega muore con gli stessi sintomi della febbre puerperale, il giovane medico scopre che la mortalità puerperale era decisamente più bassa nel reparto gestito dalle sole ostetriche rispetto che in quello gestito dai medici.

Sulla base di queste osservazioni Semmelweis, in accordo con la Direzione Sanitaria, comincia uno studio dove impone ai medici e agli studenti di lavarsi le mani con ipoclorito di calcio dopo aver eseguito le dissezioni anatomiche e comunque sempre prima di assistere una partoriente.
Dopo il periodo di sperimentazione il numero delle morti puerperali cala vertiginosamente avvicinandosi alla percentuale rilevabile nel reparto delle ostetriche.

Ma Semmelweis viene insultato dal mondo accademico e dai colleghi, nonostante l’evidenza statistica, per aver costretto i medici ad una pratica indecorosa, secondo loro priva di alcun fondamento reale.

Semmelweis cade in depressione ma non si arrende e scrive L’eziologia della febbre puerperale che è pubblicato nel 1858.

Ma ormai per il giovane medico è troppo tardi dato che, ossessionato dalle sue idee, viene rinchiuso in un istituto per malati mentali a Vienna dove muore il 13 agosto 1865.

L’Orto Botanico di Pavia

L’Orto Botanico pavese si trova nell’attuale sede dalla fine del 1700, a seguito dei numerosi tentativi di trovare una sede per la coltivazione e all’insegnamento del’uso delle piante per la facoltà medica.

Fu Fulgenzio Witman, che insegnò a Pavia dal 1763 al 177, ad avere l’idea della costruzione di un giardino in un luogo diverso dalla sede attuale dell’Orto Botanico.

Ma fu il conte Firmian, plenipotenziario degli Asburgo per la Lombardia, che trovò quella che ne sarebbe stata la sede definitiva nell’area della chiesa di S. Epifanio, annessa al convento dei Padri Lateranensi.

Nel 1773 furono avviati i lavori per la realizzazione dell’Orto e nel 1774 fu insediato nell’edificio il Laboratorio di Chimica, mentre nel 1776 iniziò la costruzione delle grandi serre in legno su progetto di Giuseppe Piermarini dove oggi troviamo le serre scopoliane.

Dal 1777, sotto la direzione di Giovanni Antonio Scopoli, l’Orto Botanico raggiunse un aspetto definitivo, molto simile a quello di Padova, che ne fornì gran parte delle piante.

In seguito il prefetto Domenico Nocca, che si insediò nel 1797, arricchì le collezioni con nuovi semi e piante, e promosse il rifacimento delle serre, dette di Scopoli, facendole sostituire con le attuali in muratura.
Tra le due guerre vi fu un ulteriore miglioramento dell’Orto Botanico, con l’aggiunta di due serre calde sul lato meridionale dell’Istituto, a diretto contatto con la costruzione, mentre un’altra, a forma di cupola, era sopra una grande vasca.

Nell’immediato dopoguerra, ci furono gravi perdite nelle collezioni e nelle strutture dell’Istituto. Proprio per questo furono rimosse le serre sul lato meridionale dell’edificio, che si trasformo in facciata monumentale, e l’impianto del giardino si adeguò ai canoni dei parchi delle classiche ville  del XVII e XVIII secolo.

Dal 1997 l’Orto Botanico fa parte del Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri,  del Sistema Museale di Ateneo e della Rete degli Orti Botanici della Lombardia partecipando alle relative attività coordinate di carattere museale, scientifico e didattico.

Nel Roseto, che fu istituito da Raffaele Ciferri,  direttore dell’Orto dal 1943 al 1964, troviamo un folto gruppo di rose selvatiche, raccolte, con specie e ibridi naturali rappresentativi di vari sottogeneri, denominate secondo le classificazioni delle regioni d’origine, mentre le rose antiche, e gli ibridi moderni si trovano nelle aiuole centrali.

Le aiuole vicine al viale centrale e nel tappeto erboso della parte orientale dell’arboreto ospitano una quindicina di specie legate alla flora nemorale dei boschi della Pianura padana lombarda .
L’arboreto ospita numerose specie arboree ed arbustive esotiche, oltre a diverse specie delle foreste dell’Italia boreale e un monumentale Platanus hybrida.

Due corpi collegati da un atrio comune compongono le serre di Scopoli.

Nel corpo orientale troviamo le specie di Cicadaceee più rappresentative, mentre in quello occidentale vi è una collezione di piante succulente di vecchia costituzione e integrata più volte con donazioni da parte di privati.

Costruita durante la direzione di Ruggero Tomaselli, la serra tropicale contiene diverse specie esotiche di pteridofite, Araceae, Aracaee, Euforbiaceae, Liliaceae, Marantacaee…

Utilizzata anche come serra di ricovero invernale di piante in vaso, la serra piante utilitarie ospita una serie di piante esotiche da frutto, aromatiche, da legno e ornamentali, oltre a dei Cyperus papyrus in pieno rigoglio.

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