Zeno Colò Il re degli sci
Zeno Colò era un maledetto toscano, come diceva Curzio Malaparte: mai una parola di troppo, a volte scontroso, qualche altra rude, ma tranquillo d’indole, misurato, modesto, che però sfoderava nervi di acciaio, un controllo eccezionale del gesto tecnico che accoppiava a un’audacia senza limiti, nell’epoca romantica dello sci.
Nato nell’Abetone, in provincia di Pistoia, il 30 giugno 1920, Colò era figlio di un boscaiolo ed era esperto nell’uso degli sci ancor prima di andare a scuola, arrivando nella Nazionale Giovanile a soli sedici anni.
Durante la seconda guerra mondiale fu internato in Svizzera nel 1943, ma anche da lì continuò a gareggiare e vincere con l’azzeccato soprannome di Blitz.
Finito il conflitto, Zeno il 9 maggio 1947 a Cervinia, sulla base misurata di 100 metri, toccò la velocità di 159,292 km orari, cominciando la sua straordinaria carriera punteggiata da una lunga serie di primati, con solo gli sci di legno senza lamine e con l’abbigliamento in uso allora, maglione fatto in casa e pantaloni alla zuava, privo di casco.
Con gli anni Colò fu tra i primi a sperimentare le solette in materiale sintetico e, sul piano tecnico, adottò, oltre a perfezionare, la posizione a uovo.
Il periodo agonistico d’oro del grande sciatore fu dal 1948 al 1952, che iniziò quando arrivò in Svizzera, a Saint-Moritz, per le prime Olimpiadi invernali del dopoguerra, dopo essersi fatto un nome nelle prove del celebre Kandahar.
Ma ai Giochi Zeno, durante la discesa libera, tradito dalla foga, spaccò la punta di uno sci infilatosi in una cunetta e fu costretto a fermarsi, mentre in Slalom speciale, concluse la gara solo al 14esimo posto.
Il 1950 fu l’anno dei grandi Mondiali di Aspen, quando Zeno s’impose come il numero uno al mondo nel campo sciistico, cosi sulle nevi del Colorado in tre giornate vinse prima lo Slalom gigante, quindi ebbe la medaglia d’argento nello Slalom, e infine conquistò il secondo titolo in Discesa, la specialità che fu la sua gara del cuore.
Due anni più tardi Colò arrivo a Oslo per le Olimpiadi invernali norvegesi e sulla pista ghiacciata di Norfjell stravinse, tanto che nella Libera staccò il secondo, l’austriaco Othmar Schneider, di due secondi diventando il primo azzurro della neve a vincere un titolo olimpico e il primo sciatore al mondo ad affermarsi sia ai Mondiale sia ai Giochi.
All’apice della carriera Colò fu nel 1954 al centro di un provvedimento di squalifica, per aver dato il suo nome a un modello di scarponi della Nordica e a una tuta di nuova concezione della Colmar, che lo portò a rinunciare ai Mondiali svedesi di Åre, dove andò solo come allenatore e accompagnatore, accettando di fare da apripista in Discesa libera e ottenendo cosi il secondo miglior tempo in assoluto della rassegna.
Inoltre nel febbraio 1956 non gli concessero portare la fiaccola olimpica all’interno dello stadio del Ghiaccio di Cortina, cosi Zeno dovette accontentarsi di una frazione interna, che divenne un’umiliazione mai dimenticata.
Ma nella sua bacheca, rimase l’insuperato record dei 20 titoli italiani, il primo ottenuto nel 1941 e l’ultimo nel 1955.
Amareggiato Zeno tornò all’Abetone per dedicarsi all’insegnamento, e lì negli anni Settanta tracciò le tre piste che portano ancora il suo nome, circondato da pochi amici e molti estimatori.
Nel 1987 Colò subì l’asportazione di un polmone e due anni più tardi il Governo si ricordò della sua situazione assegnandogli il vitalizio Bacchelli, inoltre la FISI revocò la squalifica inflittagli nel 1954.
Zeno Colò mori il 12 maggio 1993 a San Marcello Pistoiese, per un tumore ai polmoni.