Tracce di musica classica: La sonnambula di Bellini
Per ricordare Vincenzo Bellini, nato il 3 novembre 1801, raccontiamo una delle sue opere più conosciute e amate…
Protagonisti
Il conte Rodolfo, signore del villaggio (basso), Teresa, molinara (mezzosoprano), Amina (soprano), Elvino, ricco possidente del villaggio (tenore), Lisa, ostessa innamorata di Elvino (soprano), Alessio, contadino, innamorato di Lisa (basso), Un notaro (tenore).
La trama
Atto I
In un villaggio svizzero si festeggiano le nozze fra Elvino e Amina, un'orfana allevata dalla mugnaia Teresa, dove l'unica a essere scontenta, perché innamorata anch’essa del ragazzo, è Lisa, che le profferte amorose di Alessio, un altro giovane.
Nel paese giunge un nobiluomo, che mostra di conoscere assai bene quei luoghi, ma che nessuno dei villici riconosce, infatti si tratta del conte Rodolfo, figlio del defunto signore del castello.
Il gentiluomo, che si stabilisce nella locanda di Lisa, rivolge alcuni complimenti ad Amina, dicendole che il suo viso le ricorda una donna che egli aveva conosciuto molti anni prima.
Prima di salutarlo, i villici lo avvertono che il paese è popolato dalla sinistra presenza di un fantasma, ma il signore giudica le loro parole frutto di pura superstizione.
Le lusinghe del Conte hanno frattanto destato la gelosia di Elvino che rimprovera la futura sposa.
Cala la sera e, nelle sue stanze, il conte Rodolfo è intento a corteggiare Lisa ma, quando si odono dei passi, l'ostessa fugge precipitosamente, ma riconosce Amina, che in stato di sonnambulismo sta recandosi nella stanza del Conte.
La sonnambula si rivolge affettuosamente al nobiluomo, dicendo il nome del futuro sposo, descrivendo la prossima cerimonia delle sue nozze e chiedendogli di abbracciarla.
Rodolfo non sa che fare, ma poi decide di non approfittare della situazione e abbandona la stanza senza svegliare la sonnambula.
Nel frattempo un gruppo di villici sopraggiunge alla locanda per salutare il conte, di cui ha finalmente scoperto l'identità, e Lisa conduce tutti alla stanza di Rodolfo, dove sorprendono Amina adagiata sul divano.
Elvino, sconvolto, rompe il fidanzamento, mentre la ragazza inconsapevole di quanto è accaduto, non può trovare parole per giustificarsi.
Atto II
Mentre un gruppo di villici si reca dal Conte per convincerlo a prendere le sue difese di Amina, la ragazza cerca consolazione nell'affetto della madre, poi s’imbatte in Elvino che, straziato, le toglie l'anello di fidanzamento.
Invano Rodolfo tenta di spiegare ai villici cosa sia il sonnambulismo e di far recedere Elvino dalle sue posizioni poiché, per ripicca, il giovane ha ormai deciso di sposare Lisa.
Il paese è nuovamente in festa in vista di una nuova cerimonia nuziale, ma quando Lisa ed Elvino passano davanti al mulino di Teresa, la donna accusa Lisa di essere incorsa nella colpa attribuita ad Amina, portando come prova un fazzoletto appartenuto all'ostessa, trovato nella stanza del conte Rodolfo.
Elvino si sente tradito, quando si vede Amina camminare in stato di sonnambulismo sul cornicione del tetto di casa ed è la prova che il conte Rodolfo aveva ragione.
Contemplando il fiore appassito che Elvino le aveva donato, la sonnambula racconta il suo amore infelice, ascoltata da tutti, e quando si desta può finalmente riabbracciare l'amato.
L’autore
Vincenzo Salvatore Carmelo Francesco Bellini nacque a Catania il 3 novembre 1801 e studiò musica prima nella sua città natale poi a Napoli.
Tra i suoi maestri c’era Nicola Antonio Zingarelli, che lo indirizzò verso lo studio dei classici e il calabrese Francesco Florimo, con cui ebbe una profonda e duratura amicizia.
Bellini poi lavorò alle sue prime composizioni, con opere di musica sacra, alcune sinfonie e alcune arie per voce e orchestra, tra cui la celebre Dolente immagine, nota per gli adattamenti per voce e pianoforte.
Presentò nel 1825 al teatrino del conservatorio di Napoli Adelson e Salvini, sua prima opera, come il lavoro finale del corso di composizione e un anno dopo con Bianca e Fernando, arrivò il primo grande successo, anche se, per non mancare di rispetto al principe Ferdinando di Borbone, l’opera andò in scena al teatro San Carlo di Napoli con il titolo modificato in Bianca e Gernando.
Nel 1827 gli fu commissionata un’opera da rappresentare al Teatro alla Scala di Milano cosi Bellini lasciò Napoli.
In quel periodo rinunciò anche all’amore di Maddalena Fumaroli, che non aveva potuto sposare a causa dell’opposizione del padre.
A Milano andarono in scena Il pirata (1827) e La straniera (1829) ottenendo clamorosi successi, al punto che nelle pagine della stampa milanese dell’epoca si notava come Bellini fosse l’unico operista italiano con uno stile personale che poteva tener testa a quello della superstar Gioacchino Rossini.
Nel 1829 Zaira, rappresentata a Parma, ebbe invece meno fortuna e delle opere successive le più riuscite sono quelle scritte per Milano, come La sonnambula (1831), Norma (1831) e I puritani (1835).
Nello stesso periodo compose anche due opere per La Fenice di Venezia, I Capuleti e i Montecchi (1830), per i quali adattò parte della musica scritta per Zaira, e la poco nota Beatrice di Tenda (1833).
Intanto Bellini frequentò i salotti milanesi, dove intrecciò legami con i Passalacqua e dove ebbe modo di conoscere Giuditta Cantù, moglie di Ferdinando Turina, con cui iniziò una passionale storia d’amore, destinata a prolungarsi anche sulle rive del Lario.
Infatti i Cantù e i Turina erano assidui frequentatori di villa Passalacqua, vicino cui decisero di affittare, nel 1829, villa Salterio, affacciata sul lago e protetta da un grande giardino, ben riconoscibile per il timpano a decorazioni neoclassiche.
Qui Giuditta trascorse lunghi soggiorni mentre continuava la relazione con Bellini, che componeva le più celebri arie di La Sonnambula, grazie al sodalizio con la sua interprete preferita, Giuditta Pasta, che risiedeva in una villa a Blevio, sull’altra sponda del lago.
Le opere di Bellini sono caratterizzate da una stretta adesione alle norme classiche, e si presentano quindi strutturate secondo le tipiche forme, con recitativi e arie, del melodramma settecentesco.
Ma il musicista seppe muoversi con estrema disinvoltura, esprimendo una sensibilità romantica soprattutto nella vena melodica dove, più che l’approfondimento della psicologia dei vari personaggi, approfondiva l’atmosfera della scena.
La svolta decisiva della carriera di Bellini avvenne con il suo trasferimento a Parigi, dove conobbe alcuni dei più grandi compositori d’Europa, come Fryderyk Chopin, e il suo linguaggio musicale dell’italiano si arricchì di colori e soluzioni nuove.
Ormai pronto per comporre un’opera in francese per il Teatro dell’Opéra di Parigi, Vincenzo Bellini morì il 23 settembre 1835 a soli trentatré anni, per un’infezione intestinale probabilmente contratta qualche anno prima.
Il compositore fu sepolto accanto a Chopin e a Cherubini nel cimitero di Père Lachaise, dove la salma rimase per oltre quarant’anni, fino al 1876, quando fu trasferita nel Duomo di Catania.