Sandro Bolchi, un vogherese per la Rai
Dal Pavese alla Rai, un uomo che cambiò il volto della televisione…
Nato a Voghera il 18 gennaio 1924 da una famiglia originaria di Novi Ligure, Sandro Bolchi si laureò in lettere ed esordì come attore al teatro Guf di Trieste.
In seguito, dopo essersi trasferito a Bologna, iniziò l'attività di giornalista e approfondì quella di regista, fondando nel 1948 il Teatro La Soffitta con, tra i primissimi successi teatrali, drammi come il metafisico L'imperatore Jones di O'Neil e un classico come l’Avaro di Molière.
Dal 1956 Bolchi si dedicò soprattutto alla televisione, esordendo con il dramma Frana allo scalo Nord di Ugo Betti e realizzando, con una tecnica unica e senso dello spettacolo, numerose commedie e romanzi sceneggiati, produzioni di grande impegno e successo, come I miserabili, I promessi sposi, I fratelli Karamazov e I demoni di Fedor Dostoevskij, con la sceneggiatura dello scrittore Diego Fabbri, Il crogiuolo, Il mulino del Po, prima e seconda parte, dove lavorò alla riduzione con l'autore del romanzo Riccardo Bacchelli, La coscienza di Zeno, dal romanzo omonimo di Italo Svevo, Le mie prigioni, di Silvio Pellico, e Assunta Spina.
Per questo il grande pubblico lo ricorda, con Anton Giulio Majano, come il regista degli sceneggiati televisivi per antonomasia.
Seguirono nella sua lunga carriera, anche negli anni dello sceneggiato a tinte paranormali, nel 1973 Puccini, una biografia del musicista, nel 1974 Anna Karenina, da Tolstoj, nel 1976 Camilla, da un romanzo di Fausta Cialente e con Giulietta Masina, nel 1978 Disonora il padre, dal romanzo di Enzo Biagi, nel 1979 Bel Amì, nel 1984 Melodramma, nel 1988 una nuova versione di La coscienza di Zeno, con Johnny Dorelli, e nel 1989 Solo, sul dramma di un ragazzino nel mondo degli adulti, di fronte al divorzio dei genitori e nel 1995 il suo ultimo lavoro, Servo d’amore.
Bolchi resi così popolari molti grandi classici della letteratura italiana e internazionale, grazie alla partecipazione di grandi attori, quasi tutti di provenienza teatrale, come Luigi Vannucchi, Elsa Merlini, Tino Carraro, Glauco Mauri, Lilla Brignone, Giancarlo Sbragia e Gianni Santuccio.
Soprannominato dagli amici come il regista dei mattoni, per il carattere serio delle sue opere, Bolchi rimase certamente l'autore più rappresentativo dei tentativi di conferire alla televisione la stessa dignità riconosciuta al cinema e al teatro ed era un convinto assertore della funzione pedagogica del mezzo nuovo, attraverso i suoi numerosi sceneggiati a divulgare la conoscenza di grandi opere della letteratura.
Il regista negli ultimi anni si occupò anche di critica televisiva per il Corriere della Sera, poi morì il 2 agosto 2005 in una clinica romana per disturbi cardiovascolari ed è sepolto nel cimitero di Novi Ligure, nella cappella di famiglia.