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Pavia al cinema: Antonia

  • Paola Montonati

locandina antoniaL’abbazia di Chiaravalle, che molti pavesi spesso vedono passando con il treno viaggiando verso Milano, è il luogo dove sono state girate parte delle scene di Antonia, film del 2015 dedicato alla figura di una delle poetesse più meno conosciute del Novecento italiano….

Cast

Linda Caridi, Filippo Dini, Alessio Praticò, Perla Ambrosini, Federica Fracassi, Luca Lo Monaco

Trama

Il film ripercorre gli ultimi dieci anni della vita della poetessa, vissuta a Milano durante il ventennio fascista.

Antonia Pozzi nacque il 13 febbraio 1912 a Milano da Roberto Pozzi, stimato avvocato, e Carolina Cavagna Sangiuliani di Gualdana, un’aristocratica di antico lignaggio e pronipote di Tommaso Grossi.

La poetessa visse in un ambiente ricco e raffinato, che le permise di integrare lo studio con frequenti viaggi in Italia e all’estero, e con la pratica di vari sport, come l’alpinismo.

Al Liceo Ginnasio Manzoni si innamorò del suo professore di latino e greco, il grande classicista Antonio Maria Cervi; ma il rapporto con lui, iniziato nel 1930, venne contrastato dalla famiglia Pozzi, fino alla forzata interruzione nel 1933.

Nel frattempo Antonia aveva sviluppato una profonda amicizia con Lucia Bozzi ed Elvira Gandini e si era iscritta alla Facoltà di Lettere della Statale, dove studiava con docenti come Giuseppe Antonio Borgese e Antonio Banfi e con quest’ultimo si laureò nel 1935, discutendo una tesi sull’apprendistato letterario di Flaubert.

All’interno del gruppo banfiano stabilì rapporti con Vittorio Sereni, suo amico più caro, Remo Cantoni, Alberto Mondadori, Enzo Paci e, negli anni 1937-38, con Dino Formaggio, dove era apprezzata come studiosa, ed era amata per le sue doti di gentilezza e generosità, mentre fu del tutto sottovalutata sul piano della poesia.

A partire dalla metà degli anni Trenta, Antonia Pozzi cominciò a frequentare, con Vittorio Sereni, Dino Formaggio e altri amici, le periferie milanesi di Piazzale Corvetto e Porto di mare, dove vide una realtà di miseria, che, in quanto nascosta dal fascismo, le era prima sconosciuta, e che suscitò in lei una crescente e profonda condivisione.

Questa esperienza le consentì di aprire la sua poesia, che rivelava da sempre un senso d’incontro con il mondo esterno, alla realtà storica del suo tempo, arrivando, oltre che ad accenti di denuncia sociale, a esprimere sgomento per le guerre di Etiopia e di Spagna, da lei considerate in un’ottica di morte, non di retorica patriottica.

Dolorosamente provata da vicende personali, ma anche dalla sottovalutazione della sua poesia nell’ambiente culturale di riferimento e dall’incupimento dell’atmosfera politica, soprattutto dalle leggi razziali che costringono alla fuga dall’Italia i suoi amici, si suicidò il 3 dicembre 1938, a soli ventisei anni, presso l’abbazia di Chiaravalle, chiedendo nell’ultimo messaggio ai genitori di essere sepolta nel cimitero di Pasturo, dove oggi riposa ai piedi delle amate Grigne.

Nonostante la brevità della sua vita, Antonia Pozzi ha lasciato ben trecento poesie, lettere e diari e circa tremila fotografie, mentre la sua figura di donna e di poeta oggi è oggetto di una straordinaria riscoperta di pubblico e di critica, sia in Italia che all’estero.

L’abbazia di Chiaravalle

L’ordine cistercense nacque a Citeaux, in Francia, nel 1098 e il suo fondatore, Roberto da Molesme, voleva ripristinare l’osservanza rigorosa della regola di San Benedetto, dal momento che le comunità monastiche benedettine dell’epoca erano contraddistinte da una rilassatezza di costumi.

Secondo la regola benedettina la vita dei monaci doveva essere dedicata alla preghiera e al lavoro nei campi, con un’attenzione particolare alle operazioni di bonifica e di sfruttamento del territorio, oltre alla lontananza dai centri abitati e la vicinanza ad un corso d’acqua.

Così nacquero le cinque abbazie francesi, che ebbero un’accoglienza favorevole in tutti i luoghi in cui si insediarono.

Nel 1130 in Europa iniziò lo scisma con protagonista papa Innocenzo II e l’antipapa Anacleto II e re Lotario II era schierato a favore del primo, mentre re Corrado di Svevia era a favore del secondo e allora l’abate Bernardo di Clairvaux svolse un ruolo diplomatico molto importante, schierandosi a favore di Innocenzo II.

Di ritorno dal concilio di Pisa Bernardo fu invitato dal clero a visitare la città di Milano, per riportare la chiesa milanese all’obbedienza sia all’imperatore che al pontefice.
La sua presenza contribuì alla nascita dell’abbazia di Chiaravalle e il primo abate fu Brunone, amico di Bernardo e suo compagno di spedizioni diplomatiche.

L’abbazia di Chiaravalle fu fondata tra il 1134 e il 1135 in una zona incolta, dove erano presenti numerosi villaggi poi inglobati nelle proprietà del monastero.

L’edificio, realizzato in laterizio, venne edificato partendo dal coro e dall’abside in modo da svolgere il prima possibile le funzioni religiose, e nel 1221 l’arcivescovo di Milano consacrò ufficialmente la chiesa.

In seguito i lavori proseguirono con il primo chiostro e, nella prima metà del Trecento, con l’aggiunta della torre nolare, mentre il campanile dell’orologio risale al 1368.

Nel 1798 il direttorio della Repubblica Cisalpina decretò la soppressione del monastero e parte del complesso venne abbattuto, poi nel 1860-62 subì ulteriori modifiche per via della costruzione della via ferroviaria Milano-Pavia-Genova.

Tra il 1894 e il 1896 ebbero inizio i lavori di restauro ad opera dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti, che proseguirono nel 1918-20 fino a quando, nel 1923, l’abitato e l’abbazia di Chiaravalle divennero parte del territorio di Milano.

Nel 1952, i monaci cistercensi poterono tornare a Chiaravalle e i lavori di restauro sono proseguiti fino ai primi decenni del nuovo millennio.

Situato all’interno del complesso monastico, il Mulino di Chiaravalle è un antico luogo di macinazione delle granaglie oggi divenuto centro polifunzionale di educazione alla sostenibilità, fu edificato nel XII secolo e in origine era dotato di ruote in legno di rovere, oggi perdute, che venivano mosse dalle acque del canale Vettabbia.

Oggi il Mulino si affaccia su un giardino cintato che ospita un orto ed è composto da locali di epoche diverse, raggruppati intorno all’edificio originario, dove si tengono diverse attività didattiche quali convegni, workshop, laboratori di erboristeria, attività ludiche per ragazzi nel periodo estivo e per le scuole durante l’anno scolastico.

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