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Pavia al cinema: E' arrivato mio fratello

  • Paola Montonati

e arrivato certosa paviaLa maestosa Certosa di Pavia, ricca di arte e storia, compare nelle scene iniziali di E’ arrivato mio fratello, commedia del 1985 con Renato Pozzetto in un insolito doppio ruolo….

Cast

Renato Pozzetto, Carin McDonald, Armando Bandini, Beatrice Palme, Pamela Prati, Richard Harrison

Trama

Ovidio Ceciotti è un insegnante di una scuola media milanese, dove i suoi alunni gli mancano di rispetto e il preside lo insulta, mentre la collaboratrice domestica Valeria è insofferente nei suoi confronti e, su ordine della fidanzata Lidia, impiegata delle poste, gli cucina solo carote bollite. L'unico motivo di soddisfazione è la presenza della signora Piranesi, che ogni notte cerca di provocarlo con uno spogliarello, ma Ovidio è troppo timido per accettare le avances della donna.

Ma la vita del professore viene sconvolta dall'arrivo del fratello gemello Raffaele, noto come Raf Benson, musicista di piano bar che ha trovato impiego in un locale notturno milanese, il Pavone blu e chiede ospitalità al fratello.

Ovidio e Raffaele, anche se  fisicamente simili, presentano molte differenze caratteriali se il primo è impacciato e con la testa sulle spalle, il secondo è scatenato, burlone e spaccone.

Per festeggiare il loro incontro, Raf invita Ovidio in un ristorante di lusso, dove ordina numerosi piatti costosi e poi offre una bottiglia di champagne a due turiste, poi mette di nascosto una tartaruga nella macedonia e incolpa il cameriere, che così non gli fa pagare il conto.

Raf passa la notte con le due donne utilizzando l'automobile di Ovidio, mentre quest'ultimo trascorre la notte in ospedale dove è costretto a una lavanda gastrica perché Raf, per giustificare l'eccesso di velocità in automobile a due vigili urbani, fa credere che il fratello abbia ingerito della candeggina.

Una delle due ragazze lascia gli indumenti intimi nell'auto e la mattina dopo li ritrova casualmente Lidia che, credendo che Ovidio l'abbia tradita, lo lascia.

Quella sera Raf ha il suo spettacolo con la modella Esmeralda, come prova generale in vista dell’arrivo di Tony Lo Bianco, un impresario italo-americano che possiede molti locali a Las Vegas. La sera dello show però arriva nel locale una soffiata, dato che la polizia sta per fare una perquisizione, poiché il locale è coinvolto in un traffico di cocaina, così il padrone ricatta Raf e lo costringe a portarsi a casa una grossa bustina di polvere bianca.

Credendo di metterla al sicuro, Raf nasconde la droga tra bustine di eucalipto che Ovidio assume per le inalazioni.

La mattina successiva Ovidio inala erroneamente la cocaina e così si vendica dei suoi studenti, ricatta il preside ottenendo l'aumento di stipendio e ottiene da Lidia la promessa di matrimonio.

Nel frattempo Raffaele, sicuro di aver conservato bene la droga, riconsegna al padrone del locale una bustina di eucalipto.

Furente, il boss decide di vendicarsi di Raf e ordina a un suo gorilla di ustionargli la mano per impedirgli di suonare di fronte a Lo Bianco, nella serata più importante della sua vita.

Raf ritorna a casa disperato e confessa al fratello di averlo sempre invidiato per la sua posatezza così Ovidio, in incognito, va al Pavone blu al suo posto.

Lo show riesce benissimo e Raf  ottiene un contratto di due anni a Las Vegas.

Alla fine Ovidio sposa Lidia ma, ormai stanco della vita monotona di prima, decide di raggiungere il fratello negli Usa per formare con lui e con Esmeralda un nuovo trio musicale chiamato Benson Brothers.

La Certosa di Pavia

La Certosa di Pavia, voluta da Gian Galeazzo Visconti, cominciò la sua storia il 27 agosto 1396, con la posa della prima pietra del cantiere.

Con la legge 3036 del 7 luglio 1866 il monastero fu dichiarato monumento nazionale italiano e i beni ecclesiastici divennero proprietà del Regno d’Italia, anche se fino al 1880 alcuni monaci certosini continuarono ad abitare il monastero.

Dal 10 ottobre 1968 a oggi nella Certosa vivono i monaci cistercensi della congregazione Casamariensis dell’Abbazia di Casamari che, oltre alla vita monastica, si occupano delle visite guidate alla chiesa, ai chiostri del convento e alla vendita di articoli sacri e di vari prodotti tipici nei locali del palazzo posto sul lato destro del cortile antistante alla chiesa.

La facciata della Certosa di Pavia è ricca di decorazioni, tipico procedimento dell’architettura lombarda, mentre il portale è frutto di una collaborazione tra l’Amadeo e il suo allievo Benedetto Briosco (1501) ed è caratterizzato da colonne binate e bassorilievi con Storie della Certosa.

Nella sacrestia vecchia è visibile un trittico in avorio e osso, opera del fiorentino Baldassarre di Simone di Aliotto, appartenente alla famiglia degli Embriachi (Baldassarre degli Embriachi), donato alla Certosa da Gian Galeazzo Visconti, decorato con piccoli tabernacoli con dentro statuine di santi; nello scomparto centrale accoglie 26 formelle illustranti la leggenda dei Re Magi secondo i vangeli apocrifi; nello scomparto di destra e in quello di sinistra 36 bassorilievi (18 per parte) sono raccontati gli episodi della vita di Cristo e della Vergine.

Nella parte destra del transetto c’è la tomba del fondatore della Certosa, Gian Galeazzo Visconti; la figura di Galeazzo, sorvegliato da angeli, si trova sotto una canapa di marmo, e la Madonna in una nicchia al di sopra, iniziata nel 1494-1497 da Giovanni Cristoforo Romano e Benedetto Briosco, ma finita solo nel 1562 e in quella sinistra il monumento funebre di Ludovico il Moro e di sua moglie Beatrice d’Este; opera di Cristoforo Solari, di cui lo stesso Ludovico il Moro commissionò l’esecuzione dopo la morte della moglie nel 1497.

All’interno del chiostro piccolo si trova il lavabo in pietra e terracotta, con la rappresentazione della scena della Samaritana al pozzo (terzo quarto del XV secolo).

Sul chiostro grande si affacciano 24 celle o casette, abitazioni dei monaci, ognuna costituita da tre stanze e un giardino mentre, di fianco all’ingresso delle celle, siglate da lettere dell’alfabeto, è collocata una piccola apertura entro cui il monaco riceveva il suo pasto giornaliero nei giorni feriali, in cui era prescritta la solitudine.

Per i pasti comunitari, ammessi solo nei giorni festivi, ci si riuniva nel refettorio, con le colonne delle arcate, decorate da elaborate ghiere in cotto, con tondi e statue di santi, profeti e angeli, alternativamente in marmo bianco e marmo rosa di Verona.

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