Maria Giudice una donna contro
Intellettuale, maestra e donna appassionata, Maria Giudice ha vissuto una vita straordinaria, che ha lasciato un segno profondo nella figlia Goliarda Sapienza, una delle scrittrici più misconosciute del secondo Novecento.
Figlia di un reduce garibaldino e di una donna della piccola borghesia pavese, Maria Giudice nacque il 27 aprile del 1880 a Codevilla, in provincia di Pavia.
Nel corso della sua infanzia la piccola Maria venne educata dalla madre, che le insegnò a leggere sui romanzi a tematica sociale cari al secondo Ottocento, come “Portafogli di un operaio” di Cesare Cantù.
Dopo aver conseguito il diploma magistrale a Pavia, la Giudici andò a vivere a Voghera, dove conobbe il socialista Ernesto Majocchi, direttore del giornale “L’uomo che ride”, che la introdusse agli ambienti del Partito Socialista Italiano.
Grande lavoratrice, Maria fu per tutta la vita vicina agli ambienti della politica italiana, conoscendo e frequentando uomini come Oreste Viani e Cesare Prampolini, accomunati a lei da una feroce critica verso il clero e i vizi della piccola borghesia.
Nel 1903 la Giudici divenne la segreteria della Camera del Lavoro di Voghera, per poi trasferirsi in Emilia Romagna, dove lavorò per i socialisti di Fidenza e dove conobbe lo studente Carlo Civardi, da cui ebbe sette figli.
All’inizio del 1904 Maria venne costretta a fuggire in Svizzera in seguito a un mandato di cattura spiccato dalla polizia per un articolo diffamatorio sull’eccidio di Torre Annunziata. Lì conobbe Angelica Balabanoff, con cui fondò il primo giornale socialista per le donne “Su compagne!” oltre a incontrare un giovanissimo Benito Mussolini.
Tornata in Italia, la Giudice venne trasferita in Lombardia, dove dal 1912 cominciò a collaborare con il giornale “La difesa delle lavoratrici”, mentre nel 1916 andò a vivere a Torino come nuovo capo della Camera del Lavoro locale.
Intanto Civardi era morto nel corso della prima guerra mondiale e Maria conobbe un giovane avvocato siciliano. Giuseppe Sapienza, che sposò nel 1920 e da cui ebbe due figli, Goliarda e Goliardo.
Con l’arrivo in Sicilia la Giudice, con il marito, prese le distanze dagli amici socialisti, avvicinandosi a posizioni sempre più lontane da quelle della sua giovinezza.
Dopo la morte del marito, Maria si trasferì a Roma per stare vicino alla figlia, ma morì il 5 febbraio del 1953 per una polmonite e con la mente devastata dalla demenza senile.
Alla sua memoria la figlia Goliarda dedicò nel 1967 il libro di memorie “Lettera aperta”.