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Carlo Ridella dalla Provincia Pavese al Carso

  • Paola Montonati

carso 1Chi passa in Corso Mazzini a Pavia, può notare una lapide di marmo, presso il civico 8, che ricorda la vita e il lavoro di Carlo Ridella, giornalista e direttore della Provincia Pavese, che morì tragicamente sul Carso nella prima guerra mondiale.

Nato a Pavia nel 1886, Carlo Ridella si laureò in giurisprudenza all’Università di Pavia, ma il suo vero desiderio era di diventare un grande giornalista, come suo padre, che da giovane era stato anche un patriota in prima linea per la liberazione dell’Italia dagli austriaci.
Dopo aver iniziato a lavorare per la Provincia Pavese, Ridella si fece subito notare per il suo stile, pungente e diretto, con cui metteva a nudo i difetti della sua città e della classe dirigente che la governava.
Ma il suo vero impegno era quello di difendere l’Italia e i suoi valori ad ogni costo, come quando nel 1912 scoppiò la guerra in Libia e fu in prima linea con editoriali che inneggiavano al Re e alla patria.
Poco tempo dopo Carlo divenne il direttore della Provincia Pavese e da lì continuò la sua battaglia per la liberazione del Friuli e del Trentino dalle mani degli austriaci.
Fu così che, quando nel maggio del 1915 l’Italia entrò in guerra al fianco dei suoi alleati, Ridella prese la decisione di arruolarsi volontario nell’esercito, per dimostrare che credeva veramente nella causa di cui fino allora aveva solo scritto.
carso 2Ma, dopo l’entusiasmo iniziale, Carlo vide che la guerra era molto diversa da quello che aveva sempre sognato, e nei suoi articoli dal fronte traspare la disperazione di un uomo che sentiva i suoi sogni andare in mille pezzi, anche se non perse mai la speranza di un futuro migliore per se stesso e il proprio paese.
Dopo la terribile disfatta di Caporetto e la fuga sul Piave, Ridella venne mandato nelle trincee sul Carso e fu proprio lì che, alle 7.30 del 23 agosto 1917, fu ucciso da una granata lanciata da un soldato austriaco.
La sua figura, inizialmente dimenticata, è stata poi ricordata da Gianfranco De Paoli nel suo libro “Carlo Ridella” del 2007, mentre la lapide al civico 8 di Corso Mazzini è per onorare la memoria di un uomo che nel suo piccolo cercò di dare il suo contributo alla causa dell’unificazione dell’Italia.

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