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L'arte è emozione: Mario Sironi Paesaggio Urbano

  • Paola Montonati

mario sironi paesaggio urbano 1Questo dipinto, oggi conservato alla Pinacoteca di Brera di Milano e databile nel periodo 1940 – 41, è uno dei migliori del pittore sardo.

Il paesaggio del quadro è molto diverso da quello dei suoi lavori dei primi anni, non solo per i colori che non sono più naturalistici, ma maculati, terrosi, legati a un mistero che contribuisce al fascino della pittura matura di Sironi, oltre a forme stilizzate, quasi scolpite sulla superficie piatta del supporto, derivate una cultura formale sterminata.

Ma quello che il dipinto emana è il fuoco, che cala il paesaggio in una caligine densa che quasi la si può toccare, mentre la scansione degli elementi crea un ritmo sincopato che conduce lo sguardo dell’osservatore verso destra, dove una misera casupola è visibile vicino a tre ciminiere simili alle canne di un organo ormai sfiancato.

I binari che attraversano diagonalmente il dipinto hanno un legame tra i due campi da essi creati, come si rivela nello sconfinamento del secondo binario nel quinto.

In un momento, Sironi ha usato degli elementi oggettuali emblematici, diventando uno dei massimi rappresentanti del filone espressionista che ha attraversato la storia della pittura, fino dai grandi artisti italiani del Trecento, come i soggetti religiosi di Giotto o le opere di Ambrogio Lorenzetti, il tutto in un catalogo espressivo fatto di strati, addensamenti, incrostazioni, universi materici.

L’autore

mario sironi paesaggio urbano 2Nato a Sassari nel 1885, Mario Sironi dopo pochi anni si trasferì a Roma con la sua famiglia, dove cominciò a frequentare l'Accademia di Belle Arti e lo studio di Giacomo Balla, stringendo amicizia anche con Gino Severini e Umberto Boccioni. 

Dopo essersi trasferito a Milano nel 1914, il pittore si avvicinò al Futurismo e visse l'esperienza bellica di volontario ciclista a fianco di Marinetti e Sant'Elia.

Nel 1920 Sironi firmò con Leonardo Dudreville, Achille Funi e Luigi Russolo il manifesto Contro tutti i ritorni in pittura, che contiene l’idea delle tesi del gruppo Novecento, di cui Sironi fu uno dei fondatori, nato nel 1922. 

Dall'inizio degli anni trenta gli interessi artistici di Sironi si allargarono, passando dalla grafica alla scenografia, dall'architettura alla pittura murale, dal mosaico all'affresco.

La sua attività era sempre dedita alla realizzazione di opere monumentali e celebrative del regime fascista, che trattavano del recupero della tradizione aulica dell'arte italiana, come nel caso di L'Italia fra le Arti e le Scienze del 1935, visibile all’Università di Roma.

Dopo essere tornato nel 1940 alla pittura da cavalletto, Sironi si dedicò a una ricerca che dalla densa corposità e plasticità delle opere precedenti sfociò in varie tele a composizione multipla, con risultati simili a quelli dell'astrattismo.

Nel dopoguerra la pittura di Sironi divenne cupa e drammatica, lasciando il carattere monumentale e di grande eloquenza degli ultimi anni per una diversa e più dimessa concezione spaziale, resa su tele di piccole dimensioni.

Dopo la morte di Sironi, avvenuta a Milano il 13 agosto 1961, la XXXI Biennale di Venezia nel 1962 dedicò una vasta e rigorosa retrospettiva al suo lavoro e al suo pensiero artistico. 

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