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L'arte è emozione: Carlo Carrà Partita di calcio

  • Paola Montonati

carlo carrà partita di calcio 1Oggi esposto presso la Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma, Partita di calcio venne presentato per la prima volta nel 1935 nel corso della seconda esposizione Quadriennale Romana, dove Carrà partecipò con alcune opere.

Grande passione del pittore piemontese, in questo dipinto il calcio viene raffigurato da un'azione concitata della partita, con un'esplosione di vitalità e di colore, dove tutto concorre a rendere lo spirito di leale competizione agonistica che anima i protagonisti.

Se i giocatori con la maglia azzurra rappresentano la nazionale di calcio italiana, quella avversaria dalla maglia rossa non è identificabile in modo preciso, dato che si vede solo il portiere, intento a proteggere la porta, mentre il campo di calcio non è verde ma di un colore surreale per dare risalto alla luce che arriva dalla metà superiore del dipinto.

I calciatori con la maglia azzurra sono anche un omaggio alla vittoria dei Mondiali di Calcio del 1934 della nazionale italiana guidata da Vittorio Pozzo.

L'artista raffigura l'azione in un momento concitato, infatti, si tratta di una mischia in area, con il pallone che finisce vicinissimo alla porta mentre gli attaccanti saltano per colpire di testa e il portiere si slancia nel tentativo di arrivare per primo sulla sfera.

Le emozioni potrebbero essere di gioia in caso di gol oppure di rabbia e frustrazione in caso di gol mancato, nel caso degli azzurri, ma la palla rimane a mezz’aria e quindi non sappiamo se a vincere sarà il portiere o saranno invece gli attaccanti.

L’autore

carlo carrà partita di calcio 2Nato a Quargnento, in provincia di Alessandria, l'11 febbraio 1881, Carlo Carrà per un decennio lavorò come decoratore murale a Milano, Parigi, Londra, Bellinzona, per poi nel 1906 entrare all’Accademia di Brera dove divenne amico dei giovani pittori Bonzagni, Romani, Valeri e Boccioni.

Nell'autunno del 1911 tornò a Parigi, dove conobbe Apollinaire, Picasso, Braque, Modigliani, Matisse, Léger, Derain e Medardo Rosso, con cui allestì l'esposizione futurista alla Galleria Bernheim Jeune.

Dopo aver conosciuto nel 1913 il gruppo fiorentino La Voce, fondatore tra l’altro della rivista Lacerba, con direttori Papini e Soffici, il pittore maturò un distacco dal futurismo, con saggi sull'arte di Giotto e Paolo Uccello, poi pubblicati nel 1916 con il titolo Parlata su Giotto e Paolo Uccello costruttore, oltre ad una serie di quadri d’impronta primitiva e metafisica.

Nel 1919, dopo il matrimonio con Ines Minoja, Carrà si volse a una ricerca dedicata a una semplificazione più scarna dell'immagine per fermare l'essenza, che fu il punto di partenza della nuova pittura che cominciò a sviluppare dal 1921.

Dal 1923, con i quadri dedicati al paesaggio marino a Camogli, Carrà proseguì il suo lavoro in solitudine, senza più unirsi a gruppi, mantenendo questa posizione isolata anche di fronte al movimento Novecento cui non diede la propria adesione pur partecipando alle due mostre milanesi del 1926 e del 1929 e ad alcune mostre all'estero.

A partire dal 1926 Carrà passò diversi mesi a Forte dei Marmi, dove scoprì temi che in poco tempo divennero parte della sua poetica le spiagge deserte, i monti sul mare, i capanni, oltre a continuare la sua battaglia per l'arte moderna con scritti di critica e di dottrina estetica, spesso pubblicati sul quotidiano milanese L'Ambrosiano.

Dopo una breve malattia, il 13 aprile 1966 Carlo Carrà morì nella sua casa di Milano. 

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