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L'arte è emozione: Beato Angelico Noli me tangere

  • Paola Montonati

noli angelico 1Tra gli splendidi affreschi del domenicano Fra Giovanni da Fiesole, più noto come il Beato Angelico, uno dei più celebri è il Cristo risuscitato che appare a Maria Maddalena, dinanzi al sepolcro vuoto o Noli me tangere, che fa parte di un ciclo pittorico datato intorno al 1440 nel convento fiorentino di San Marco.

Con riferimento al racconto del Vangelo di Giovanni, il dipinto narra il misterioso mattino di Pasqua, quando Gesù si allontana dal dolce tentativo di Maria e con la mano destra, che sembra congiungersi con quella protesa di Maria di Magdala, incede verso un altro orizzonte.

In questa storia ogni elemento ha il giusto significato, la morbida e candida veste del Risorto conferisce alla figura una leggerezza e una trasparenza lontane dalla condizione umana, mentre l'abito della Maddalena, di un rosso stemperato, è un simbolo dell'intensità dell'amore, ma anche del fuoco della passione, come a contrapporsi all'oscurità del sepolcro ed è inginocchiata come volesse trattenere Gesù.

La dolcezza degli sguardi è sottolineata dai nimbi dorati, quasi lucenti e perfettamente simmetrici, mentre il giardino costellato di fiori, con le piante sullo sfondo, dove si trova il sepolcro scavato nella roccia, è tornato alla vita.

Quello che doveva essere, secondo i moduli artistici del tempo, un semplice sfondo, appare come un luogo di rivelazione, dato che le stigmate di Cristo sono fiori del suo corpo e possiedono la Bellezza stessa, quella trasfigurata del Cristo Risorto.

Ma l'affresco non si limita alla semplice rappresentazione del notissimo episodio evangelico, infatti, il Beato Angelico ha situato, esattamente all'altezza degli occhi di chi guarda, tre piccole croci sanguinati, poste tra la Maddalena e il Risorto, che sono una finestra aperta sull'abisso della Passione del Cristo nel mistero della Trinità, in un nuovo Eden dove Cristo ristabilisce tra Dio e l'umanità, rappresentata da Maria di Magdala, l'antica armonia infranta dal peccato.

L’autore

noli angelico 2Fra Giovanni da Fiesole, detto Angelico o Beato Angelico, nacque a Vicchio del Mugello verso la fine del Trecento, con il nome di Guido di Pietro Trosini.

Il giovane Beato Angelico si formò nell’ambito artistico fiorentino, tutto impegnato nelle dissertazioni sulla prospettiva del Brunelleschi e del Donatello.

La prima notizia dell’attività come pittore dell’Angelico risale al 1418, come dimostra il pagamento di una tavola affrescata per la cappella in Santo Stefano al Ponte. 

Nel 1423 Guido pronunciò  i voti e, con il nome di fra Giovanni, fu impegnato nell’affresco di una croce per l’ospedale di Santa Maria Nuova, ma fu anche attivo nel convento di San Domenico a Fiesole.

Le sue opere abbellirono le maggiori chiese fiorentine, molte tele gli vennero commissionate da privati, ma tutto il denaro guadagnato andò a favore del convento.

Nel 1429 un documento d’atteso pagamento testimonia che l’Angelico lavorò per le monache di San Pietro e nel 1433 è a Brescia, dove terminò un’Annunciazione per la chiesa di Sant’Alessandro.

Dal 1436 il pittore lavorò agli affreschi della chiesa di San Marco, passata al convento dei Domenicani e consacrata da Papa Eugenio IV nel 1443, che finì probabilmente nel 1446, in cui venne chiamato dal papa a lavorare a Roma. 

Qui l’Angelico dipinse gli affreschi per una cappella in Vaticano, oggi perduta, e, sotto il successore di Eugenio IV, Niccolò V, la Cappella Niccolina.

Prima di rientrare a Fiesole come il nuovo priore del convento, il pittore visse a Orvieto, dove iniziò i lavori nella Cappella di San Brizio nel Duomo.

Il Vasari riferisce che Beato Angelico morì a Roma nel convento di Santa Maria sopra Minerva verso il 1455

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