Il Pavese tra le due guerre: La vendemmia
Nel Pavese il periodo del raccolto di una coltura, dove i contadini ammirano il frutto del loro lavoro, è una festa dove tutti, nonostante la fatica, lavorano in un clima di convivialità, di condivisione e di unione.
Settembre e ottobre sono nell’Oltrepò Pavese i mesi principali per la vendemmia, anche se in base alla stagione e al tipo di uva, la raccolta può iniziare ad agosto.
Molte aziende per questa occasione organizzano eventi adatti ad ogni fascia di età, dalle giornate dedicate ai bimbi a quelle riservate agli adulti, con la raccolta dell’uva e la pigiatura, facendo vivere un’esperienza da non dimenticare, tra i chicchi d’uva e l’odore del mosto, oltre all’assaggio dei vini e i tour tra le varie cantine, destinati a soddisfare ogni curiosità.
L’atmosfera di questi eventi incanta i più piccini, che rimangono affascinati dalla creazione del vino che per loro avviene come per magia.
Ad affiancare le varie attività c’è la musica, che fa da sottofondo a queste giornate e invita la gente a cantare, ballare e a condividere la gioia e spensieratezza rendendo l’ambiente ancora più festoso, grazie anche ala buona cucina, caratterizzata da piatti tipici che accompagnano la degustazione dei vini, per assaporare prodotti di qualità che permettono di compiere un viaggio sensoriale attraverso i frutti della terra e di riscoprire i sapori locali.
In questo modo i visitatori possono assaggiare e vedere direttamente dal produttore come nascono le pietanze presenti sulle loro tavole.
Ma la vendemmia era vissuta anche dai pavesi che si trovavano in luoghi lontani, come dimostrano le lettere che alcuni di loro scrissero mentre erano in Russia durante la seconda guerra mondiale.
Ad esempio Ernesto Cai di Pietra de Giorgi, che era un bersagliere del terzo reggimento, scrisse il 6 settembre 1942 al fratello per chiedergli dell’andamento della vendemmia alla cascina Boffalora, prima di venir dichiarato disperso il 19 dicembre nel combattimento di Konowaloff.
Giovanni Tarantani di Montalto Pavese, che era un ausiliario della sanità, in uno scritto raccontò alla moglie tutto il suo disappunto per non aver potuto dare il suo contributo alla raccolta, ma con la promessa di farsi perdonare l’anno successivo, dopo che fu inviato in licenza di un mese il 16 novembre 1942, ormai troppo tardi per partecipare alla vendemmia, il giovane cadde in battaglia il 20 gennaio 1943.
Invece Pio De Domenici di Val di Nizza, che era un fante del reggimento Ravenna, chiese in una lettera del 17 ottobre 1942 al padre di informarlo sulla qualità del vino, con la speranza di poterlo presto assaggiare, per poi morire nella battaglia di Krushillowka del gennaio 1943.
Secondo Zermoglio, fuciliere del Ravenna, confessò ai genitori con fatalismo il rammarico di non poter dare una mano con la vigna e disse inoltre che «Il mio destino è troppo brutto, già diverse campagne le faccio lontano, eppure bisogna rassegnarsi...» mentre Carlo Zanini, di Montalto, anche lui del Ravenna, chiese alla madre di poter conoscere il prezzo dell’uva, prima di essere dichiarato disperso il 22 gennaio 1943 nella battaglia di Iljewka.
In una lettera Luigi Montagna, di Santa Giuletta, autiere, auspicò «un buon raccolto» ai suoi cari e chiese di tenergli qualche bottiglia per il suo ritorno, ma non tornò più dalla Russia, come anche Mario Rebasti, di Canneto Pavese, caporalmaggiore del 4° reggimento artiglieria alpina, disperso nel marzo 1943 che, in una delle sue ultime lettere, risalente al 13 ottobre del 1942, ricordò ai genitori che «sono ormai otto volte che non mangio uva e non bevo vino nuovo».