Le rotoballe, amiche dei campi del Pavese
Dalla fine dell’estate a quella dell’ autunno i campi del Pavese, ma non solo, vengono punteggiati dalle rotoballe di fieno, grandi e piccole, rettangolari o rotonde, a volte posizione come piramidi, a volte come buffi trenini, a volte addirittura decorate con occhi e baffi, ma qual è la loro storia?
Si perde nella notte del tempi..
Il fieno é da sempre utilizzato dai contadini come mangime per caprini, equini, ovini e bovini, ma anche i piccoli roditori come conigli lo annoverano come parte della loro dieta.
La produzione e la raccolta del fieno, nota come fare fieno o fienagione, avvengono ogni anno durante la stagione di massima crescita dell’erba, ovvero durante la primavera e l’inizio dell’estate, quando l’erba giunta a maturazione viene tagliata e lasciata asciugare ed essiccare al sole, poi il fieno viene rastrellato in file per essere infine trasformato in rotoballe.
Le rotoballe, che agli occhi appaiono come delle sculture naturali, sono in seguito usate come alimento per gli animali da allevamento quando non ci sono abbastanza pascoli a disposizione a causa delle condizioni climatiche avverse, come in inverno, ma anche in quelle aree geografiche a coltivazione agricola intensiva, che non lasciano spazio al pascolo per gli animali.
E il motivo per cui tra l’estate e l’autunno questi strani assembramenti di fieno sono abbandonati al sole, é legato al fatto che si deve attende il completamento del processo di essiccazione necessario prima che possano essere trasportate in un deposito,pronti per il loro utilizzo durante la stagione pi fredda dell’anno.
Ancora oggi nel Pavese non sono rari gli assembla menti, dalla forma quadrata o rettangolare, oltre a quella rotonda, di rotoballe, nei campi da poco arati in vista della semina primaverile o a riposo sotto il cielo d’inverno.
Non bisogna dimenticare il ruolo delle rotoballe nell’immaginario collettivo, soprattutto nell’arte moderna.
Infatti, fin dalla fine dell’Ottocento, le rotoballe hanno affascinato gli artisti di ogni epoca, pronti a renderle i soggetti dei loro lavori.
Non è un caso che molti celebri pittori europei, come Monet e Van Gogh, abbiano deciso di trasformare questi giganti naturali nei loro dipinti, dedicandogli addirittura degli studi sul tema, simbolo della loro percezione magica, artistica ed evocativa.
I mucchi di fieno o I covoni (Les Meules), una serie di 25 quadri dipinti dall’impressionista Monet, ha per oggetto principale dei covoni di fieno che si trovavano in un campo proprio vicino alla casa dell’artista a Giverny.
Monet fece di queste spirali di fieno il soggetto del suo studio pittorico, osservandoli e imprimendoli in diversi momenti del giorno e dell’anno, per rappresentare il soggetto con innumerevoli e differenti effetti di luce, attraverso il cambio di stagione, di prospettiva e di condizioni meteorologiche.
Già il predecessore di Monet, il pittore Millet, a sua volta, aveva fatto dei covoni la cornice alle sue Spigolatrici e il paesaggio che abbraccia un gregge di pecore in Covoni: Autunno.
Invece Van Gogh, nel suo Mezzogiorno – Riposo dal lavoro, raffigurò una scena toccante, dove due contadini, stremati dal duro lavoro, riposano su dei covoni, a destra dei due lavoratori le scarpe abbandonate dell’uomo e un paio di falcetti, strumenti del loro lavoro, mentre il vento accarezza l’erba e i vestiti dei protagonisti.
Anche nel Novecento artisti come Chagall hanno usato le rotoballe, sotto la neve o il sole, come parte del racconto di un mondo arcaico forse scomparso, ma mai perso del tutto.