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Grandi marchi italiani: Alpino Motociclette dal Pavese

  • Paola Montonati

alpino stradella 2La storia dell’Alpino, uno dei marchi più noti nel mondo del motociclismo italiano, inizia durante la seconda guerra mondiale, quando il meccanico e progettista di Stradella Pietro Trespidi iniziò a lavorare a un motore ausiliario semplice, robusto, economico, del peso di soli 9 chilogrammi, da applicare al telaio della bicicletta, l’unico mezzo di trasporto allora esistente.

Il 24 febbraio 1945, con gli amici Bisi, Brambilla e Vercesi, Trespidi fondò la Motobici, che aveva la sua sede a Stradella in via Nazionale 2.

Detto da subito Alpino, per le sue eccellenti prestazioni in salita, il nuovo motore ebbe una notevole diffusione, anche grazie ai suoi successi sportivi in quei circuiti, dove si sfidavano le biciclette a motore, con personaggi come Paolo Perotti e Renato Salinelli.

La prima motocicletta dell’Alpino, il Piuma 63 cc, arrivò nel 1947 e nel Circuito di Stradella del 1949 Paolo Perotti vinse la gara con un modello dell’Alpino.

alpino stradella 1Anche se i suoi progetti, tra cui una vera e propria moto di 98 cc, riscuotevano un ottimo successo, i profondi contrasti con l’amministratore spinsero Trespidi a fondare nel 1951 una nuova azienda, sempre con sede a Stradella, in via Fossa 15, la Società Industria Meccanica Stradella, poi Ardito, che produsse un micromotore per una motoretta di 48 cc, caratterizzata da grandi doti di affidabilità e robustezza.

Per un certo periodo l’Ardito, in particolare il 75 cc condotto sempre da Perotti, ebbe un buon numero di successi, ma a causa dei vari tentativi di adeguare continuamente la produzione, l’azienda dovette chiudere nel 1954.

Intanto l’attività dell’Alpino si consolidava, arrivando al punto di proporre modelli anche nelle cilindrate superiori, con buoni risultati di vendita in Italia e all’estero, come con l’Argentina che giunse ad assorbire quasi un terzo della produzione totale, con modelli tra cui il ciclomotore F48, il Piuma, il 125 Bassotto, l’Alpino 98 e tanti altri modelli.

All’Alpino lavoravano circa 130 dipendenti, poiché a Stradella lavorare alla Motobici era quasi uno status symbol che motivava e coinvolgeva tutti i lavoratori, come parte di un’azienda di alta qualità.

Purtroppo alla fine degli anni Cinquanta tutto il settore della produzione motociclistica entrò in crisi anche per il crescente sviluppo dell’automobile e anche l’Alpino ne fu vittima.

Le difficoltà economiche erano cominciate dopo che l’Argentina nel 1955 aveva bloccato le importazioni, oltre al pagamento delle forniture già avvenute, chiudendo così improvvisamente un mercato molto fiorente.

Dopo pochi anni il peso dei debiti e dei crediti non esigibili divenne sempre più opprimente e nel 1961 terminò la produzione, cui seguì un anno dopo la dichiarazione di fallimento dell’Alpino, che pose fine a una pagina di storia stradellina.

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