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Fasulin lo spettro della darsena di Pavia

  • Paola Montonati

fantasma darsena pavia 1Nel XVIII secolo a Pavia viveva Ambrogio Fasoli, un povero materassaio profondamente innamorato di sua moglie, molto più giovane di lui.

Sfortunatamente la signora Fasoli morì per una malattia e Fasoli, detto da tutti Fasulin, non si riprese mai più e venne colpito da una serie di problemi psichici.

In poco tempo i pavesi videro che Fasoli spesso usciva di notte per lunghe passeggiate, e questo fu una prova della sua instabilità mentale perché camminare di notte per le vie buie della Pavia del 1750, era una follia, dal momento che c’erano assassini e rapine a ogni angolo.

Una sera, durante una delle sue uscite, il povero Fasoli, ormai sui quarant’anni, venne colpito da un insulto, in realtà quello che oggi è chiamato infarto.

Subito Fasulin venne soccorso e ricoverato al San Matteo, ma le sue condizioni erano gravissime.

Dal momento che la sua morte era imminente, il cappellano dell’ospedale decise di provvedere alla salvezza dell’anima del materassaio, ma il Fasoli però, tornato alla sua sanità mentale, rifiutò i conforti della Fede.

Il Cappellano chiese aiuto al Padre Guardiano dei Cappuccini, noto per essere un religioso in odore di santità.

E il Padre, dato che voleva dare a tutti i costi dare l’assoluzione all’infermo, si accontentò di una stretta di mano al Fasoli.

Ma la stretta di mano fu considerata insufficiente per la curia vescovile e quindi vennero negati i funerali religiosi al Fasoli, il cui corpo fu legato a un’asse attaccato a un cavallo e trascinato di notte verso il bastione della Darsena e lì sepolto, come si faceva a quei tempi.

Da quella misteriosa tumulazione nascono le molte leggende riguardanti Fasulin e la sua casa, un antro misterioso che era all’interno del muraglione della Darsena.

Si diceva che il fantasma uscisse di notte e, come bianco spettro vagasse nei dintorni del Ticino con fare minaccioso, per poi molestare le case vicine e alla fine suonare la campana del vicino convento dei Cappuccini, il tutto con corredo di gemiti, fragore di catene, di voci fioche che uscivano dall’antro.

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