Emanuele Zilli: una storia dimenticata
Anche Pavia, negli anni Settanta, ha pagato il suo tributo di sangue negli scontri politici di quegli anni bui con la giovane vita di Emanuele Zilli.
Originario di Teramo, Emanuele Zilli era emigrato a Pavia verso la fine degli anni Sessanta, dopo aver trascorso la sua infanzia tra Roma e Torino.
Anche se aveva studiato presso un seminario cattolico e suo cugino era il direttore di Famiglia Cristiana, Emanuele era da sempre orientato verso posizioni di sinistra, tanto che si era avvicinato al movimento della Giovane Italia, che al sud dava un aiuto ai ragazzi più poveri con lo sport e la militanza attiva.
Dopo aver meditato di prendere i voti per non pesare sul bilancio economico della sua famiglia, Zilli conobbe Ariana, una ragazza di 18 anni.
Pochi mesi dopo i due si sposarono e solo due anni più tardi Emanuele divenne padre di due bimbe, prima Patrizia e poi Vincenza.
Ma dopo la sua famiglia e il lavoro, il grande amore di Zilli rimaneva la politica, che anche nella Pavia degli anni Settanta aveva il suo cuore pulsante nelle sezione locale del MSI.
Nel frattempo Emanuele aveva trovato un lavoro presso la Bertani, una piccola fabbrica nella periferia di Pavia, che gli consentiva di avere almeno un stipendio sufficiente per avere una vita dignitosa per se e i suoi cari.
In una fredda sera dell’inverno del 1972 Emanuele, con alcuni compagni di partito, stava attaccando dei manifesti presso Piazza Grande a Pavia, quando venne aggredito da un piccolo gruppo di socialisti.
Dopo una breve lotta, Zilli riuscì a ferire lievemente Carlo Leva, un sostenitore del comunisti, che però lo ferì gravemente.
Emanuele riuscì a salvarsi ma, dopo essere uscito dall’ospedale, divenne la vittima di una serie di attacchi da parte della Provincia Pavese e di Lotta Continua.
Incurante di tutto, Zilli si candidò alle comunali, ma ciò non migliorò di molto la situazione, tanto che gli attacchi continuarono ancora più feroci di prima, soprattutto dopo l’assassinio a Milano di Luigi Calabresi nel maggio del 1972.
Il 2 novembre del 1973, dopo una giornata di duro lavoro, Emanuele uscì dalla fabbrica e con il suo motorino si diresse verso casa, ma non ci arrivò mai.
Infatti, poche ore dopo, Zilli venne ricoverato presso il Policlinico di Pavia, con una serie di traumi multipli, che lo avevano fatto cadere in coma.
Tre giorni dopo, Emanuele Zilli morì senza mai riprendere conoscenza e senza rivedere la moglie e le figlie.
Per anni si credette che la sua morte fosse stata causata da un pirata della strada, ma nel 1997 lo scrittore Guido Giraudo, nel suo libro sulla morte di Sergio Ramelli, ipotizzò che Zilli fosse stato ucciso per vendetta.
Oggi il nome di Emanuele Zilli è stato quasi dimenticato dai pavesi, ma i suoi camerati ogni anno celebrano una piccola manifestazione presso il luogo in cui fu rinvenuto il suo corpo nel giorno della sua morte.