E finalmente la Luna
Il 20 luglio saranno cinquant’anni dalla notte dove la Luna, astro che da sempre, con la sua luce soffusa, ha ispirato film, poesie, romanzi e racconti, venne conquistata da un piccolo gruppo di astronauti americani.
Tutto ebbe inizio nei primi anni della Guerra fredda, quando per Usa e Urss lo spazio divenne il nuovo campo di battaglia.
La scienza dei razzi era nata nei laboratori della Germania nazista, grazie a Wernher Von Braun, capo della missilistica tedesca, creatore dei V2, che dopo il conflitto fu riabilitato e destinato a una promettente carriera ai piani alti dell’esercito americano.
Anche i russi avevano uno scienziato esperto in razzi, Sergej Korolëv; ingegnere come Von Braun, guidava la ricerca scientifica sovietica dedicata alla conquista del cielo. Nell’immediato dopoguerra Korolëv fu incaricato dal Cremlino di progettare razzi intercontinentali e divenne capo del primo programma spaziale.
La macchina della propaganda negli anni fece un gran numero di annunci, tra il 1955 e il 1956 Eisenhower e Chrušcëv si misuravano con la promessa dell’imminente messa in orbita di un satellite artificiale, ma serviva la scienza dei motori a reazione, il cui padre era Von Braun.
Ai russi mancava la teoria dell’ex scienziato nazista, ma avevano aperto la prima, segretissima, base di lancio del mondo, Baikonur, nelle steppe del Kazakistan, che nel 1957 cominciò a eseguire test con i razzi vettori R-7 Semyorka, i primi missili balistici intercontinentali della storia.
Dopo alcuni fallimenti, una versione modificata del R-7 riuscì a portare in orbita il primo satellite artificiale il 4 ottobre 1957, dando inizio all’era delle esplorazioni spaziali.
L’esito della missione convinse il Cremlino a commissionare a Korolëv una nuova missione per rafforzare il vantaggio sugli americani e il 3 novembre 1957 fu pronto lo Sputnik 2, dove alloggiava una cagnolina di nome Laika.
Ancora un razzo vettore R-7 portò in orbita il nuovo satellite, che restò in viaggio 162 giorni, ma Laika non superò le cinque ore dal lancio a causa degli eccessivi sbalzi termici.
Mentre la propaganda lavorava pubblicamente, la segreta pragmaticità di Korolëv aveva portato i sovietici un passo avanti agli americani, al punto che il 6 dicembre 1957 il razzo vettore Vanguard, che avrebbe dovuto portare in orbita l’omonimo satellite Usa, esplose ancora sulla rampa.
Il primo satellite artificiale degli americani a raggiungere l’orbita terrestre fu, il 31 gennaio 1958, Explorer 1, progettato al Jet Propulsion Laboratory del California Institute of Technology, che lasciò l’atmosfera grazie al razzo Jupiter-C, sviluppato da Von Braun.
Nell’estate 1958 Eisenhower autorizzò la pubblicazione di un nuovo documento dei suoi consiglieri scientifici che diceva che servivano due miliardi di dollari per arrivare sulla Luna. Cominciò quindi una fase di sperimentalismo con il programma Pioneer, che dall’agosto 1958 al dicembre 1960, mandò nello spazio nove sonde ma vide esplosioni sulle rampe, perdite di contatto e lanci che mancavano l’orbita lunare.
Negli stessi anni, i sovietici inaugurarono il programma Lunik per esplorare il nostro satellite naturale e nell’ottobre 1959 Lunik 3 orbitò intorno alla Luna scattando le prime foto del lato nascosto.
Nella corsa all’esplorazione dello spazio lo stallo della fine degli anni Cinquanta fu interrotto il 12 aprile 1961, quando dal cosmodromo di Baikonur partì alla volta del cielo l’ennesima capsula spinta dal razzo R-7 Vostok, al suo interno si trovava l’astronauta Jurij Alekseevic Gagarin, primo essere umano a viaggiare nello spazio.
Nel frattempo, il presidente Kennedy promise una svolta nella corsa allo spazio, infatti il 5 maggio 1961 da Cape Canaveral, Alan Shepard compì un volo suborbitale a bordo della capsula Mercury. Dopo la battaglia dei satelliti, il secondo passo per la conquista della Luna furono gli astronauti, German Titov fu il secondo sovietico nello spazio, mentre la Nasa eguagliò i russi con John Glen, che completò tre orbite intorno alla Terra nel 1962 e un anno dopo fu la volta della prima donna cosmonauta, Valentina Tereškova che rimase nello spazio per tre giorni e quarantanove orbite.
John Kennedy, umiliato dai continui record sovietici, il 12 settembre 1962, durante un discorso alla Rice University di Houston, affermò, di fronte a 35mila persone, che gli americani sarebbero andati sulla Luna entro la fine del decennio.
Subito dopo il Presidente chiese al Congresso di sbloccare diversi miliardi di dollari per il nuovo programma spaziale chiamato Apollo.
Grazie ai nuovi finanziamenti, Von Braun passò in vantaggio, mentre nel 1966 Sergej Korolëv morì, lasciando i russi privi del loro principale scienziato.
Cominciò allora una stagione di test per verificare il collaudo della nuova generazione di lanciatori Saturn, ideati da Von Braun, ma la prima di queste missioni si trasformò in tragedia, quando il 27 gennaio 1967 la navetta dell’Apollo 1 prese fuoco sulla rampa e i tre astronauti morirono carbonizzati.
Seguirono quindi missioni senza equipaggio e altre con equipaggio che orbitarono intorno alla Luna per poi scendere fino a 15 km dalla superficie.
Ma fu la missione Apollo 11 a portare i primi uomini, Neal Armstrong e Buzz Aldrin, sul suolo del nostro satellite, il 20 luglio 1969, mentre Michael Collins, terzo membro della missione, era ad aspettarli nel modulo di comando, in orbita lunare.
Da allora la conquista dello spazio divenne solo un affare della Nasa, mentre i sovietici persero sempre di più il loro vantaggio, lontani dai record di pochi anni prima.