Angelo Fortunato Formiggini tutto per un sorriso
In questi momenti così difficili, in cui la ricerca di un sorriso potrebbe aiutare tante persone, ricordiamo un uomo che fece della ricerca di un sorriso tutta la sua vita.
Angelo Formiggini nacque a Collegara, un piccolo paese in provincia di Modena, il 21 giugno del 1878.
Ultimogenito di una famiglia ebrea di Formigne, Angelo ebbe una adolescenza a dir poco difficile, tanto che venne espulso dal Liceo Galvani di Bologna per aver scritto un poemetto satirico “La divina farsa” in cui con una parodia dell’Inferno di Dante metteva alla berlina i compagni di scuola e gli insegnanti.
Dopo aver terminato gli studi nel Liceo Muratori di Modena, Formiggini si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dove si laureò con lode nel 1901 presentando la tesi “La donna nella Torah” che in realtà era una sua invenzione, come ammise anni dopo.
Nel 1902 Angelo si trasferì a Roma, dove studiò Lettere e Filosofia e sposò nel 1906 Emilia Santamaria, per poi nel 1907 tornare a Bologna dove ottenne la sua seconda laurea con il saggio “Filosofia del ridere” in cui sosteneva che l’umorismo è “la massima manifestazione del pensiero filosofico”.
Il 31 maggio del 1908 con la pubblicazione di “La secchia rapita” di Alessandro Tassoni e di un volume curato da Giovanni Pascoli su “Miscellanea tassioniana di studi storici e letterari” Formiggini inaugurò la sua casa editrice, la A. F. Formiggini, a cui avrebbe dedicato tutta la sua vita da quel momento in poi.
Un anno dopo l’editore diede inizio alla serie dei “Profili”, monografie sui grandi della letteratura e dell’arte narrate con competenza ed ironia, mentre nel 1912 arrivò “I Classici del Ridere”, dedicata a tutte quelle opere che, secondo Formaggini, riunivano lo spirito del ridere al loro meglio e che in poco tempo sarebbe diventata la collana più nota e stimata della piccola casa editrice. Il successo spinse Formaggini nel 1916 a trasferire la sede della sua casa editrice da Bologna a Roma, dove la sua mente vulcanica concepì un’idea rivoluzionaria per l’epoca, la rivista “ICS” o “L’Italia che scrive” in cui ogni mese proponeva le varie novità delle librerie e i principali scrittori del momento.
Sembrava che tutto andasse per il meglio nella vita dell’editore, che stava progettando una biblioteca dell’umorismo detta la“Casa del Ridere” mentre le sue collane, tra cui le nuove “Medaglie” e “Apologie” erano sulla cresta dell’onda.
Ma nel 1923 Formaggini, che allora era il presidente dell’Istituto per la propaganda della Cultura Italiana, entrò in aperto contrasto con il ministro Giovanni Gentile sul progetto di una “Grande Enciclopedia Italica” secondo lui in contrapposizione alla nascente propaganda fascista.
Da quel momento in poi intorno a Formaggini si creò il vuoto assoluto, tanto che nel 1933 fu costretto a vendere i suoi poderi e la casa di famiglia per sanare i debiti della casa editrice. Nel luglio del 1938 la pubblicazione del “Manifesto della razza” diede il colpo di grazia a Formaggini, che a causa delle sue radici ebraiche fu costretto a liquidare quello che rimaneva della sua casa editrice.
Sentendosi solo e sconfitto, il 29 novembre del 1938 Formaggini si suicidò buttandosi dalla cella campanaria della Torre della Ghirlandina a Modena, gridando “Italia!Italia!Italia!”.
La notizia del suo suicidio non venne comunicata dalla stampa su ordine di Mussolini.
Oggi, ai piedi del duomo di Modena, una lapide ricorda quel “Al tvajol ed Furmajin” dove l’editore terminò il suo volo fatale.