Angelo Ferrari poesie in dialetto
Canson? Bei rob! Di vers... Vers russ e bleu...
Bei rob!.......
Rim bleu me 'l tabaron dal Re dla Prüssia
rim russ cume un bivac ad guèra in Russia,
vers russ me 'l foeugh, vers bleu me la Vandea
eviva la repüblica europea!
(Russ e bleu di Angelo Ferrari)
Nato a Pavia nel 1874 Angelo Ferrari si era diplomato in ragioneria e lavorò per quarant'anni, fino al 1938, presso la Congregazione di Carità, ma la sua grande passione era la poesia in dialetto.
L’esordio risale al 1915 con la raccolta dialettale, Rim d’la guèra — Vers d'incoeu russ e bleu, che, a conclusione, vede le quartine Russ e bleu, come se fossero una vera e propria dichiarazione di poetica.
La passione del Ferrari lo spinse anche a pubblicare nel 1920 la raccolta in italiano La poesia - la bellissima vita, dove viene approfondita la riflessione poetica sul paesaggio del Pavese.
Nel 1924 il poeta diede alle stampe la seconda raccolta dialettale, Un bris ad ciel, che nella scelta dei testi vide la presenza di Cesare Angelini, che nell’Introduzione disse che “noi stessi abbiamo avuto la gaudiosa ventura di trascegliere da un gran mucchio seguendo alcuni visibili criteri di consentaneità” percependo la novità del Ferrari nella tradizione dialettale pavese.
In Un bris ad ciel e nelle altre raccolte il Ferrari propone numerose variazioni metaforiche che ruotano attorno alla luna, come aveva gia fatto in Francia De Musset con la Ballade a la Lune, e le poesie del Rostand, ma non mancano varianti sul sole, spesso legato con la luna, come spiega nella poesia Il mio programma.
Anche Pavia è al centro di queste variazioni analogiche, come nel caso della bocca rossa, che nella poesia Catarinon viene riferita a Pavia imbellettata, al punto che una raccolta rimasta inedita di poesie italiane del Ferrari è intitolata Bocche rosse.
Il dialetto usato dal Ferrari è un dialetto cittadino medio, da cui sono escluse forme arcaiche, ma ancora in uso a livello basso e fa anche un ampio ricorso alla lingua gergale, usando ad esempio con alta frequenza il verbo smicià, che rende molto vicino all’italiano guardare, così come bacaià è simile a sparlare e tra le altre voci ci sono bagiurda, casansa, pic e quadar, oltre a tante altre ancora.
Ciò crea una tensione a livello linguistico, che si unisce alla tensione metaforica delle immagini e per questo l'Angelini ha sottolineato che “si tratta d’immagini essenziali e attive; tanto da poter affermare che ognuna di esse rappresenta un'oncia di sangue di meno per il poeta che l'ha sofferte”.
Angelo Ferrari morì nella sua Pavia nel 1971 e un anno dopo l'Angelini in un’annotazione manoscritta disse che Ferrari era “il vero poeta di Pavia”.