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Quando a Pavia c’erano gli ortolani

  • Paola Montonati

ortoliani pavia 1Tanto tempo fa, per le strade di Pavia si aggiravano gli ortolani, esperti di orti e di giardini, che si trasmettevano il mestiere da padre in figlio, oltre ad essere sperimentatori intelligenti e sagaci, coltivatori di erbe rare e floricultori.

Molti degli ortolani pavesi frequentavano l’Orto botanico, oltre ad apprendere dai professori dell’Università come migliorare la coltivazione negli orti cittadini, con una serie di cicli ordinati di produzione, facendo maturare presto le primizie all’inizio di ogni stagione.

Tra queste piante c’erano, oltre alle piante da frutto e le produzioni degli orti, anche cespi di limoncina, le edere che si dipanavano lungo i larghi spazi del muro di cinta, i roseti profumatissimi, il glicine, la menta, il basilico; il tutto in un’ordinata disposizione che si snodava tra i vialetti coperti di ghiaietta.

Come giardiniere l’ortolano metteva in campo tutte la sua esperienza e la sua abilità, al punto che conosceva tutti i nomi latini e volgari delle piante e dei fiori, dalla famosissima erba betonica, al fiordaliso, dal pruno spinoso al martello, dal mughetto al geranio, dalla lavanda all’origano, dal rosmarino alla celidonia, dalla genzianella alla menta, dalla ruta al timo al ribes, oltre alle varie specie di erbe ornamentali, di bordura e quelle strettamente medicinali.

I migliori ortolani pavesi coltivavano un po’ di tutto e, di buon mattino, vendevano al mercato le verdure fresche di rugiada, con una produzione che si estendeva tra i mazzetti di cicoria o i tubi di sedano, tra i ravanelli e gli spinaci.

A Pavia gli orti più noti erano quelli del Collegio Borromeo, poi c’erano i più piccoli di via Ugo Foscolo, di via Darsena, quelli della famiglia Pietra-Riquier; in via Corridoni, gli orti che si affacciavano su vicolo Calchi; l’orto dei Pasi a San Pietro in Verzolo, l’orto Nascimbene in via Porta, quello di via Santa Maria alle Pertiche, di via Severino Boezio, del monastero di San Pietro in Ciel d’Oro, della Parrocchia di San Primo, di Corso Garibaldi, di Porta Stoppa, di San Lanfranco.

In ogni orto, oltre alle verdure, c’erano ogni tipo di i fiori: come le rose, i garofani solferini piccoli e profumati, i gelsomini, i gerani edera, l’erba stella, il millefoglio, la pelusella, la bocca di leone, e altre ancora.

Allora le botteghe di erbofruttivendoli pavesi erano rifornite ogni mattina direttamente dai produttori, che tenevano anche  un banco nel mercato di piazza Grande.

Il servizio di vendita del mercato era, generalmente, affidato alle donne di casa, che sapevano trattare la clientela e, fra una chiacchiera e l’altra, spesso potevano avvantaggiarsi sul peso e sulla scelta.

Un dato curioso è che spesso molti capifamiglia, il più delle volte appartenenti alla borghesia, professionisti, avvocati, professori, pensionati, preferivano fare i loro acquisti direttamente all’orto e vi andavano, con un ampio telo a disegni scozzesi, poi tornavano ritorno in città con sedani e ravanelli, lattughe, ramoscelli di rosmarino, mazzetti di basilico e, come un piccolo dono dell’ortolano, un ramoscello di biancospino o di calicantus per la padrona di casa.

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