La Scolymus hispanicus, fiore delle dune
Nel cuore del centro e sud Italia spesso le ispide piante di cardo selvatico sono state usate dalla tradizione gastronomica locale per piatti squisiti, grazie alle ottime proprietà nutrizionali e alle virtù salutistiche.
Quelli che vengono comunemente indicati come cardi selvatici sono in realtà delle robuste piante appartenenti alla grande famiglia botanica delle Asteraceae, il più delle volte di forme e specie distinte, ma sempre accomunate dalla vistosa presenza di spine di grandezze molto diverse tra di loro.
La più imponente di queste specie è il cardo selvatico, conosciuto in salentino come il cardone, che ha come habitat preferito i margini delle strade, ma è frequente anche negli incolti e nelle radure erbose.
Dalla sua base perenne, dopo l’estate, spunta una grande rosetta, le cui singole foglie, dalla colorazione verde o cenerina, sono lunghe un metro con bordi ondulati e frastagliati forniti di spine gialle, lunghe sino a quattro centimetri.
In primavera, la pianta emette germogli alti oltre i due metri, al vertice dei quali ci sono dei capolini, grandi fino a quattro - cinque centimetri di diametro, racchiusi in un’armatura di squame, munite di una spina lunga fino a cinque centimetri, che in seguito si schiudono mettendo in mostra i fiori azzurro-violacei.
Il cardo selvatico, conosciuto già dagli antichi romani, ha conservato nei secoli la sua importanza come ortaggio eclettico, con ricette come i cardoni gratinati, ma si possono usare anche i capolini ricavandone i fondi o girelli, noti anche come carciofini selvatici, mentre gli steli teneri scorticati possono essere gustati sia crudi o fritti in pastella oppure per gustose frittate.
La specie di cardo che trova più impiego nella cucina salentina, è il cardo scolino o Scolymus hispanicus L., anche noto come cardunceddhu, che raggiunge l’altezza di circa 80 cm, e presenta foglie ispide e molto frastagliate, mentre il fusto è ramificato e anch’esso irto di spine.
Le infiorescenze, che sbocciano in primavera, hanno un colore giallo oro, e possono essere anche usare come un sostituto dello zafferano.
Questo cardo è una pianta dei pascoli magri, delle steppe e delle radure salentine, dove con le prime acque di fine estate spuntano dal nulla i suoi cespi.
Il cardo scolino può essere raccolto quando è ancora allo stadio di rosetta di foglie basali, lavoro da effettuare con una piccola zappa e non con il coltello per ovviare alle spine.
Durante la raccolta si procede a una prima nettatura, afferrando le foglie a una a una dalla base e tirando per estirpare le lamine fogliari liberando così la spessa nervatura mediana.
Una volta a casa, si procede alla rifinitura spezzando le nervature più dure, in modo da eliminare i filamenti più tenaci, poi possono essere consumati lessati o mischiati ad altre verdure selvatiche, ma la preparazione tradizionale più apprezzata è quella dei cardunceddhri racanati o a stanatu.