L'arte è emozione: Mistero e malinconia di una strada o Fanciulla con il cerchio
Il dipinto è uno dei più famosi e misteriosi di Giorgio De Chirico, in un primo tempo è stato di proprietà del gallerista Paul Guillaume, poi del critico d’arte Andrè Breton, che lo esponeva nella sua casa durante gli anni cruciali del movimento surrealista, e infine del pittore Pierre Matisse.
Dal punto di vista iconografico il quadro ha molti motivi in comune con altri celebri lavori del pittore come Le caserme dei marinai.
Come il singolare edificio a portici sulla sinistra, fortemente scorciato e con una fila di finestre quadrate al primo piano, ispirato da un'analoga costruzione esistente a Monaco di Baviera delimitante uno dei lati dei Giardini di Corte, quasi un motivo legato al ricordo degli anni monacensi che spesso ritorna nelle composizioni dechirichiane.
Il misterioso sentimento di attesa e sospensione che il dipinto suscita all'osservatore è in parte causato da una strana silhouette di bambina che rincorre un cerchio, che emerge dal margine sinistro del quadro, e corre verso la piazza in fondo alla strada, dove c’è una statua la cui vista è ostacolata dall'angolo dell'edificio, ma la cui ombra è proiettata in mezzo alla via.
Ma anche la stessa bambina, la sola figura vivente di tutta la scena, forse è solo un'apparizione, un'ombra.
Il carrozzone sulla destra, del tutto vuoto e pronto per un trasloco, ricorda l'infanzia dell'artista, segnata dai molti traslochi imposti dal lavoro d’ingegnere del padre, nel corso dei cambi di residenza, i mobili e le suppellettili di casa erano imballati in vagoni non molto dissimili da quello raffigurato nel quadro.
L’autore
Giorgio De Chirico nacque nel 1888 in Grecia da genitori italiani, per poi nel 1906 trasferirsi per i suoi studi in Germania a Monaco, dove conobbe la cultura tedesca più viva del momento, interessandosi ala filosofia di Nietzsche, Schopenhauer e Weininger e rimase colpito dalla pittura simbolista e decadente di Arnold Böcklin e Max Klinger.
Nel 1910, con il trasferimento a Parigi Giorgio divenne amico dei poeti Valery e Apollinaire, ma non s’interessò al cubismo che, grazie a Picasso, era allora la grossa novità della scena artistica parigina.
E per tutta la vita De Chirico rimase estraneo alle avanguardie, manifestando spesso atteggiamenti polemici.
In quel periodo il giovane pittore lavorò ad alcuni dei suoi quadri più celebri che vanno sotto il nome di Piazze d’Italia, immagini di quinte architettoniche che delimitano spazi vuoti e silenziosi, con la presenza di qualche statua e in lontananza treni che passano, in un’atmosfera magica che le rende visioni oniriche.
Quando nel 1916, presso l’ospedale militare di Ferrara, De Chirico incontrò Carlo Carrà, iniziò ad elaborare la pittura metafisica, che raffigura una realtà diversa dato che gli oggetti o gli spazi, conosciuti dalla nostra esperienza, possono rivelare un nuovo aspetto che ci sorprende, fatto di enigmi, misteri, segreti inspiegabili.
Nello stesso periodo, oltre agli spazi architettonici, tra i soggetti dechirichiani arrivano anche i manichini, un’orma umana, pur non essendo umana, che simboleggia bene quell’assenza di vita che caratterizza la pittura metafisica, dato la contraddizione tra ciò che sembra umano ma non lo è.
Dal 1918 al 1922 De Chirico fa parte del movimento Valori Plastici, per poi nel 1924 a Parigi frequentare il gruppo dei Surrealisti.
Con la fine della seconda guerra mondiale il pittore si rivolse a una classicità di tipo archeologico, in cui il ricorso alle mitologie era però interpretato in chiave metafisica, fino alla morte a Roma nel 1978, a quasi novanta anni.