Il Pavese tra le due guerre: La Minerva di Pavia
Al centro della rotonda all’omonima piazza di Pavia, la grandiosa Statua della Minerva accoglie chi arriva in città, oltre ad essere un punto di riferimento dal valore storico e artistico inestimabile per la collettività, ed è il collegamento tra la stazione ferroviaria ed il centro storico tramite Viale Vittorio Emanuele II prima e Corso Cavour dopo.
La statua, dal corpo in bronzo e vestita di marmo, dedicata alla dea romana, fu inaugurata il 22 gennaio del 1939 e si trova su un alto basamento al centro di un’aiuola circolare.
La dea Minerva, simbolo della sapienza, saggezza e delle virtù eroiche, è raffigurata da una giovane donna, il cui capo regge due serpenti laterali e un’aquila centrale e le cui braccia aperte sostengono una lancia con la mano destra e uno scudo con quella sinistra.
Una curiosità riguarda la punta della lancia di Minerva, rivolta verso il basso e non verso il cielo come nelle normali rappresentazioni della dea, forse per suggerire il predominio della cultura sulle armi, come si evince anche dalla scritta posta sul basamento della statua: “Pavia – Dalla Gloria Millenaria del Suo Ateneo Tragga Auspicio – A Maggiori Fortune”.
Forse non tutti sanno che La Minerva di Pavia è uno dei capolavori dello scultore siciliano Francesco Messina.
Vita di Francesco Messina
Francesco Messina nacque a Linguaglossa, in provincia di Catania, il 15 dicembre 1900, da genitori poverissimi, si trasferì da piccolo a Genova dove frequentò i corsi dell'Accademia Ligustica di Belle Arti e, dopo il 1918 si fece conoscere negli ambienti intellettuali e letterari della città animati dalla presenza di Camillo Sbarbaro ed Eugenio Montale.
Nel 1922 venne invitato alla XIII Biennale di Venezia, in cui fu sempre presente fino agli anni Quaranta, e in quello stesso anno sposò Bianca Clerici.
La partecipazione alla prima mostra degli artisti di Novecento nel 1926 alla Galleria Pesaro di Milano e la presentazione di una sua personale alla Galleria Milano, nel 1929, di Carlo Carrà consacrarono definitivamente la sua figura di scultore.
Nel 1932 si trasferì a Milano dove frequentò Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Sergio Solmi, Carlo Carrà, Piero Marussig e nel 1934 vinse la cattedra di scultura all'Accademia di Brera, di cui dal 1936 al 1944 sarà anche direttore.
Alla caduta del Fascismo, Messina, che nel 1940 aveva lavorato al monumento a Costanzo Ciano per il Museo Navale di La Spezia, perse per qualche anno la cattedra che riottiene, alla fine della guerra, nel 1947.
Invitato nel 1949, insieme a Marino Marini, alla Terza Internazionale di Scultura di Philadelphia, negli Stati Uniti, Messina divenne uno dei scultori italiani più conosciuti e apprezzati nel mondo.
I suoi gruppi monumentali al Cimitero di Milano, alla Cittadella di Assisi, al Pierre Lachaise di Parigi, dove nel 1960 scolpì la Pietà sulla tomba dell'editore Cino Del Duca, in San Pietro a Roma con il monumento a Pio XII), nel Duomo di Milano con il monumento a Pio XI, eseguiti nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, divennero presto celebri, come i suoi ritratti di Lucio Fontana, di Giuseppe Papini, di Salvatore Quasimodo, di Indro Montanelli, di Aida Accolla, di Carla Fracci, di Luciana Savignano, ed altri importanti personaggi.
Ma le sue opere più note restano il grande Cavallo morente eseguito per il Palazzo della Rai a Roma e la Via Crucis in marmo di Carrara per la chiesa di San Giovanni Rotondo sul Gargano.
Nel 1973 un'intera sala del Museo del Vaticano, la sala Borgia, fu dedicata all'esposizione permanente delle sue sculture e nel 1977 il Museo Civico di Lugano accolse, in quattro sale, le opere della sua donazione di sculture e grafica, mentre i maggiori musei e le più importanti istituzioni culturali internazionali promossero vaste rassegne della sua opera.
Francesco Messina mori a Milano il 13 settembre 1995.