Il Pavese tra le due guerre: Il papavero
Tra i campi di grano del Pavese e della Lomellina l’estate vede spuntare, rosso come il fuoco, il fiore simbolo delle giornate più calde dell’anno…
Il papavero, noto anche come papaver, appartiene alla famiglia delle papaveraceae, ed è originario dell’Europa e dell’Asia, si tratta di una pianta annuale o perenne, a seconda della specie, molto diffusa nella penisole, che cresce tra i campi e i prati sia coltivati che abbandonati, ai margini delle strade ecc, ad un’altitudine massima di 1.700 metri.
Nonostante sia un pianta molto delicata il papavero può produrre nel corso della stagione anche più di 400 fiori, può raggiungere i 60 – 80 cm di altezza, ha un fusto eretto, sottile e ricoperto da una sottile peluria, che se è spezzato produce una sostanza lattiginosa, mentre le foglie dentate di colore verde, ricoperte come il fusto da peluria, sono suddivise in segmenti lanceolati.
I fiori della pianta, che sbocciano da maggio a settembre, sono di colore rosso porpora con l’interno di colore nero ma sono estremamente delicati, tanto che ciascun fiore perde i petali nel corso di un solo giorno.
Tra le specie più conosciute ci sono sono il papavar somniferum, il papaver rhoeas ed il papaver nudicaule (papavero d’Islanda).
Il papaver somniferum è noto come papavero da oppio ed è facile da trovare allo stato spontaneo nelle zone collinari che non superano i 1.200 metri di altitudine, oltre ad un alto contenuto di morfina, codeina, papaverina, noscapina e tebaina dei sui pericarpi e a differenza del papavero comune, i suoi fiori possono essere di colore bianco, rosa, viola e rossi.
La specie più diffusa è il papaver rhoeas, cioè il papavero comune, chiamato anche rosolaccio, ovvero rosa dei campi, derivato dalla sua presenza costante nei campi, in particolare in quelli dove sono coltivati cereali come il grano.
Invece il papaver nudicaule, o papavero d’Islanda, è una specie dall’elevata tossicità nota per il colore dei suoi petali che possono essere bianchi, gialli, arancioni.
Secondo i greci il papavero era il simbolo dell’oblio e del sonno, infatti nella mitologia Morfeo, il dio dei sogni, era rappresentato con un mazzo di papaveri fra le mani e Dementra, la madre terra, dea del grano e dell’agricoltura, ritrovò la serenità persa a causa del ratto della figlia Persefone da parte di Ade, dio degli inferi, bevendo infusi fatti con fiori di papavero, che rappresentava anche il fiore della consolazione.
Gli antichi romani invece associarono il papavero alla dea Cerere, equivalente della greca Demetra, raffigurandola con ghirlande di papaveri, per la presenza costante dei fiori in tutti i campi di grano.
Durante il medioevo il papavero fu associato, per il suo colore, al sacrificio di Cristo e alla sua morte, per questa ragione è spesso raffigurato in affreschi di chiese risalenti all’epoca medievale, poi nel Regno Unito, durante la prima guerra mondiale, per celebrare gli uomini morti per la patria si usavano ghirlande composta da papaveri.
Nel linguaggio dei fiori e delle piante il papavero come altri fiori può assumere diversi significati a seconda il colore dei suoi petali, se il papavero dai petali bianchi simboleggia la sfortuna, quello dai petali gialli rappresenta il successo, uno dai petali rosa la serenità e quello dai petali rossi rappresenta il sonno e l’oblio, oltre all’orgoglio sopito.
Il termine papavero oggi è utilizzato come sinonimo di persone potente, idea che nasca alla leggenda secondo la quale il Re di Roma Tarquinio il Superbo, per insegnare al figlio il modo più rapido per conquistare la città di Gabi, andò in giardino e con un colpo di bastone recise le teste dei papaveri, volendo, con quel gesto, facendogli capire che bisognava eliminare tutti i personaggi più potenti della città avversa.