Giovanni Antonio Amadeo un pavese dagli Sforza
Un’altra storia, un altro personaggio della Pavia rinascimentale, magari non molto noto, ma certamente interessante, che ci racconta un pezzo della storia della nostra bella città.
Secondogenito della nobile famiglia Amadeo, che secondo le recenti ricerche di archivio era originaria di Lugano, Giovanni Antonio nacque agli inizi del 1447 in uno dei tanti palazzi nobiliari che ancora oggi si trovano nel centro di Pavia.
Dopo la morte del padre, vittima di una pestilenza, il piccolo Giovanni fu affidato nel 1460 a Giovanni Solari, noto architetto che lavorava per gli Sforza con il figlio Francesco, quest’ultimo dedito alla scultura.
Sotto la guida di padre e figlio, il ragazzo in poco tempo riuscì a imparare tutti i segreti della scultura e dell’ingegneria, collaborando con Guinforte Solari, fratello di Francesco, al progetto della Ca’ Granda, un casino di caccia dei nobili milanesi.
Dal 1466 fino alla fine del 1468 Giovanni lavorò alacremente al cantiere della Certosa di Pavia, tornato in piena attività dopo alcuni anni di silenzio grazie all’interessamento degli Sforza per i monaci Certosini, in gravi difficoltà economiche dopo l’istituzione della commenda per il complesso.
Successivamente Amadeo lavorò per le sculture del portale di palazzo Vimercati, situato nel centro di Milano, ornandolo con i ritratti di Francesco Sforza, Alessandro Magno e Cesare.
La svolta della sua vita avvenne nel 1473, quando Guinforte Solari, diventato il capo del cantiere della Certosa, lo incaricò di lavorare a parte dei bassorilievi che avrebbero decorato la parte destra della facciata del complesso religioso.
Con il supporto di Gian Galeazzo Sforza e del capitano Bartolomeo Colleoni, Giovanni diede vita a una serie di bassorilievi che ancora oggi sono considerati dei veri capolavori dell’arte pavese rinascimentale.
Dopo aver comprato una bottega presso il Ponte Coperto, nel 1476 il ragazzo sposò Margherita, figlia del suo maestro Solari.
Col passar del tempo Giovanni iniziò ad acquistare alcune proprietà terriere che si trovavano nelle campagne pavesi, diventando nel giro di pochi anni uno stimato imprenditore.
Negli ultimi decenni della sua vita il grande artista non solo divenne il capo della fabbrica del Duomo di Pavia, ma s’ impegnò anche per il restauro della piccola chiesa di San Salvatore, che si trovava all’interno dell’omonimo monastero.
Malato da qualche tempo, Giovanni Antonio Amadeo morì nella sua casa di Milano il 28 agosto del 1522, tre anni dopo aver lasciato i lavori del Duomo a Cristoforo Solari, suo nipote.