Due o tre cose sul dialetto lomellino a Mortara
Tutti conosciamo il dialetto, quella lingua, ricca di parole e suoni insoliti, che per anni ha fatto parte dell’infanzia di tanti bambini, che lo sentivano dalla voce della nonna e della zia, custodi di un sapere dimenticato.
Ma davvero il dialetto può essere considerato una lingua? Secondo il professore Giuseppe Zucca, che ieri pomeriggio per la rassegna Conosci davvero la tua terra presso la biblioteca Civico 17 a Mortara, il dialetto ha la dignità di una vera lingua.
Però il dialetto è un sistema linguistico che non ha una sua piena autonomia, ciò l’ha reso solo una curiosità locale e non ha mai assunto la dignità di una vera lingua.
Nell’Ottocento, sui molti dialetti locali, come il veneto e il lombardo, solo quello toscano assunse la forza di diventare il punto di partenza dell’attuale lingua italiana, grazie anche ai Promessi sposi del Manzoni.
La lezione di Zucca ha raccontato com’è nato il dialetto lomellino, quella variante del ramo occidentale della lingua lombarda, appartenente al gruppo linguistico gallo-italico, che differisce dagli altri dialetti della Lombardia, non solo per le influenze del vicino Piemonte, ma anche per l'uso di vocaboli propri, con alcune comunanze con la lingua piemontese e quella emiliano - romagnola, come dal punto di vista fonetico.
La particolarità del lomellino è che nasce dalla fusione di tre lingue diverse tra di loro, come quella delle tribù liguri, la parlata dei Celti e il latino delle popolazione romane degli anni di Augusto.
Con il passar del tempo prima l’arrivo del Longobardi, poi i provenzali e i colti mercanti toscani e infine l’arrivo dei popoli stranieri hanno mutato il lomellino, confermando l’assunto che nella lingua di un popolo si racchiude tutto il suo modo di pensare e vivere.
Oggi la zona in cui è parlato il lomellino corrisponde ai confini della Lomellina, ma essendo l'area incuneata tra le province di Alessandria, Novara e Vercelli in Piemonte e quella di Milano in Lombardia, nonché confinante con il Pavese e l'Oltrepò Pavese, è impossibile definirlo come uniformato in tutta la Lomellina, poiché, malgrado le similitudini del dialetto in differenti zone, il lessico risulta influenzato da quello delle aree confinanti.
Nella zona compresa fra il torrente Terdoppio e la sponda occidentale del fiume Ticino, si avvicina al dialetto pavese di tipo emiliano, con forti influenze lombarde, secondo le classificazioni parlato, a Pavia città e alle varianti milanesi dei comuni che si affacciano sulla sponda orientale del Ticino.
A nord la parlata locale è affine a quella novarese di tipo lombardo, mentre quando ci si sposta a ovest emergono le influenze della lingua piemontese, come nei comuni compresi fra il torrente Agogna e la sponda orientale del fiume Sesia.
Invece, dirigendosi verso i comuni della zona meridionale della Lomellina, fra le confluenze dell'Agogna e del Ticino nel Po, vi sono elementi comuni con il dialetto oltrepadano.
A Vigevano si parla invece il dialetto vigevanasco, con caratteristiche proprie che lo differenziano sia dal lomellino che dagli altri dialetti delle zone confinanti.