Tracce di musica classica: Un giorno di regno di Verdi
Per festeggiare la prima della Scala di Milano, con il Macbeth di Verdi, raccontiamo una delle opere meno note del re di Busseto…
I protagonisti
Il cavaliere Belfiore, sotto il nome di Stanislao re di Polonia (baritono); Il barone di Kelbar (basso); La marchesa del Poggio, giovane vedova, nipote del barone e amante del cavaliere (soprano); Giulietta di Kelbar, figlia del barone e amante di Edoardo (mezzosoprano); Edoardo di Sanval, giovane ufficiale (tenore); Il signor La Rocca, tesoriere degli stati di Bretagna, zio di Edoardo (basso); Il conte Ivrea, comandante di Brest (tenore); Delmonte, scudiere del finto Stanislao (tenore).
La trama
Nel castello del decaduto barone di Kelbar si stanno per tenere due matrimoni, quello di sua figlia Giulietta col tesoriere Della Rocca e quello della marchesa Del Poggio col conte Ivrea.
Ospite di Kelbar è il re di Polonia, Stanislao, in realtà è il cavalier Belfiore, in passato fidanzato della marchesa, che si è prestato allo scambio per consentire al monarca di combattere i suoi nemici.
Intanto Edoardo, nipote del tesoriere e amante di Giulietta, è disperato e vuole arruolarsi nell’esercito di Stanislao.
La marchesa, giunta al castello, vuole aiutare i due giovani come anche il finto re, che offre al tesoriere un importante incarico se rinuncia alle nozze.
Quando il barone cerca Della Rocca per la firma del contratto nuziale, questi rifiuta e tra i due scoppia un litigio, presenti la marchesa con Edoardo e Giulietta, e arriva anche il re, indignato per il chiasso.
Mentre Edoardo confida ai servitori la sua tristezza, il finto Stanislao rilancia la sua offerta al tesoriere, che ha col barone un secondo litigio, mentre la marchesa Del Poggio e il sedicente re si affrontano in una serie di schermaglie.
Arriva il conte Ivrea per l’imminente matrimonio della marchesa, mentre Edoardo si dispera con Giulietta perché, se anche lo zio rinunciasse al matrimonio, egli dovrebbe arruolarsi col re.
Il finto sovrano usa la sua autorità per impedire il matrimonio del conte con la marchesa, per una lettera del vero Stanislao chiarisce il tutto, esonerando il cavaliere, ma non prima che egli abbia strappato al barone il consenso a maritare Giulietta a Edoardo.
La marchesa si riconcilia subito col vecchio fidanzato, mentre il barone, il tesoriere e il conte fanno buon viso a cattivo gioco.
L’autore
Giuseppe Fortunino Francesco Verdi nacque il 10 ottobre 1813 a Roncole di Busseto, in provincia di Parma da Carlo Verdi, oste, e da una filatrice.
Fin da bambino Verdi prese lezioni di musica dall’organista del paese, esercitandosi su una spinetta scordata regalatagli dal padre.
Gli studi musicali proseguirono in questo modo poco ortodosso fino a quando Antonio Barezzi, commerciante e musicofilo di Busseto, affezionato alla famiglia Verdi e al piccolo Giuseppe, lo accolse in casa sua, pagandogli gli studi accademici.
Nel 1832 Verdi si trasferì quindi a Milano e si presentò al Conservatorio, ma incredibilmente non fu ammesso per scorretta posizione della mano nel suonare e per raggiunti limiti di età.
Poco dopo fu richiamato a Busseto a ricoprire l’incarico di maestro di musica del comune e, nel 1836, sposò la figlia di Barezzi, Margherita, da cui ebbe i figli Virginia e Icilio.
Intanto Verdi cominciò a dare corpo alla sua vena compositiva, decisamente orientata al teatro e all’Opera, anche se l’ambiente milanese, influenzato dalla dominazione austriaca, gli fece anche conoscere il repertorio dei classici viennesi, soprattutto quello del quartetto d’archi.
Nel 1839 debuttò alla Scala di Milano con Oberto, conte di San Bonifacio ottenendo un discreto successo, offuscato dall’improvvisa morte, nel 1840, prima di Margherita, poi di Virginia e Icilio. Prostrato e affranto il musicista non si diede per vinto e scrisse un’opera buffa, Un giorno di regno, che si rivelò però un fiasco.
Amareggiato, Verdi pensò di abbandonare per sempre la musica, ma due anni più tardi, nel 1942, Nabucco ottenne alla Scala un incredibile successo, anche grazie all’interpretazione di una stella della lirica del tempo, il soprano Giuseppina Strepponi.
Iniziarono quelli che Verdi chiamò gli anni di galera, contrassegnati da un lavoro durissimo e indefesso a causa delle continue richieste e dal poco tempo a disposizione per soddisfarle.
Dal 1842 al 1848 compose a ritmi serratissimi lavori come I Lombardi alla prima crociata, Ernani, da I due foscari e Macbeth, passando per I Masnadieri, mentre avviò una relazione con Giuseppina Strepponi.
Nel 1848 si trasferì a Parigi iniziando la convivenza ufficiale con la Strepponi e dal 1851 al 1853 compose la Trilogia popolare, con Rigoletto, Trovatore e La traviata, oltre alla grand – opera I vespri siciliani.
Conquistata la giusta fama Verdi si trasferì con la Strepponi nel podere di Sant’Agata, frazione di Villanova sull’Arda, in provincia di Piacenza.
Nel 1857 andò in scena Simon Boccanegra e nel 1859 fu rappresentato Un ballo in maschera e nel 1861 fu eletto deputato del primo Parlamento italiano e nel 1874 fu nominato senatore.
In questi anni compose lavori come La forza del destino, Aida e la Messa da requiem, pensata come una celebrazione per la morte di Alessandro Manzoni.
Nel 1887 Verdi proposta Otello, confrontandosi ancora una volta con Shakespeare e nel 1893, all’età di ottant’anni, con l’opera buffa Falstaff, altro assoluto capolavoro, diede addio al teatro e si ritirò a Sant’Agata, dove la sua amata Giuseppina morì nel 1897.
Giuseppe Verdi se ne andò il 27 gennaio 1901 presso il Grand Hotel et De Milan, in un appartamento, dove alloggiava durante l’inverno e i suoi funerali si svolsero come aveva chiesto, senza né sfarzo né musica, com’era sempre stata la sua vita.