La grande battaglia di Casteggio
Forse non tutti sanno che nell’Oltrepò Pavese Casteggio, oltre a conservare la fontana di Annibale, fu lo scenario di un epico scontro.
A Clastidum, oggi nota come Casteggio, nel 222 A.C., venne combattuta una leggendaria battaglia tra i Galli e i Romani.
Erano anni in cui la potenza di Roma viveva una situazione drammatica, poiché era imminente il secondo scontro con la potenza rivale, Cartagine, e per questo doveva conquistare ogni vie d’ingresso alla penisola, come la strada che passava per Casteggio, assumendo il controllo del fiume Po, allora ai Galli Insubri.
Ma i Romani avevano un conto in sospeso da regolare con i Galli, una delle poche popolazioni che aveva duramente sconfitto Roma, oltre ad essere particolarmente agguerriti e soprattutto si vendevano come mercenari, infatti era probabile che i Cartaginesi avrebbero potuto facilmente includere i Galli nel loro esercito.
La campagna che portò alla battaglia di Casteggio cominciò nel 223 A. C, dopo che, a causa di una serie di sconfitte, i Galli Insubri avevano proposto un trattato di pace, ma il Senato romano voleva la resa, e per questo aveva rifiutato l’offerta.
Tutto ebbe iniziò con un attacco in forze dei Galli presso un castrum romano, un accampamento fortificato, localizzato presso Clastidium, la moderna Casteggio, con consoli in carica Scipione e Marcello.
Scipione devastò il territorio dei Galli Insubri, mentre Marcello proteggeva il castrum, che serviva come base per le campagne contro i Galli nella pianura padana; ma che era stato costruito anche per controllare la principale via di accesso al sud che costeggiava gli Appennini.
Con i due eserciti schierati, il console Marcello riconobbe il capo dei Galli, il re Viridomaro, e lo sfidò a un duello singolo davanti a tutti i combattenti, anche se i Romani non combattevano nei singoli duelli e individualmente i guerrieri celtici erano imbattibili.
Viridomaro accettò subito, manche se sarebbe stato comunque impossibile rifiutare, inoltre ogni battaglia tra i Celti iniziava con una serie di combattimenti individuali fra i guerrieri scelti.
Ma ci fu un colpo di scena, infatti, il console Marcello riuscì a sconfiggere e a uccidere Viridomaro, poi gli tolse l’armatura e la mostrò in mezzo al campo di battaglia a entrambi gli eserciti, lasciando i celti sconvolti.
Incoraggiati dalla vittoria del loro capo, i romani iniziarono subito lo scontro, che fra un esercito regolare e un’orda barbarica disorganizzata.
La cavalleria romana alle ali provocò quella Celtica, che attaccò, poi la fanteria dei Galli si lanciò in modo del tutto disorganizzato contro la legione romana, che la stava aspettando.
Questa situazione era il combattimento ideale per una formazione come la legione, formata essenzialmente da fanteria pesante con poca manovra strategica, in una mischia serrata in cui le mosse erano già scritte, grazie anche a un lungo addestramento.
I romani vinsero sull'esercito degli Insubri, che ebbe pesanti perdite tra le sue file, ma anche dal punto di vista morale.
Fino ad allora per i Celti i Romani vincevano perché erano organizzati e tecnicamente avanzati e non si discuteva del valore del guerriero, e tanto meno del capo, nel combattimento individuale, ma la vittoria di Marcello fece svanire il mito del guerriero celtico invincibile.
Dopo la battaglia Marcello apprese che Scipione era in difficoltà presso Mediolanum, così si precipitò al suo soccorso e, appena gli Insubri seppero dell’arrivo dell’esercito del console che aveva vinto a Clastidium, tutte le tribù dell’area si arresero senza combattere, e i Romani fondarono una nuova colonia a Cremona, per controllare il passaggio lungo il fiume Po.
Marcello ebbe uno dei più grandi onori che Roma attribuiva ai suoi generali, la Spolia Opima, cioè quello di ricevere l'armatura, le armi e agli altri effetti che il generale romano aveva tenuto come trofeo dal corpo del comandante nemico ucciso in combattimento singolo, da offrire al tempio di Giove Feretrio sul Campidoglio.