Giovanni Falcone Una vita contro la mafia
L’Università di Pavia ospitò Giovanni Falcone il 13 maggio 1992, in quella che fu la sua ultima apparizione pubblica.
Grazie al professor Vittorio Grevi, titolare della cattedra di procedura penale presso l’ateneo pavese, Falcone in Aula Foscolo tenne una lezione sul tema del coordinamento delle indagini nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata, poco prima della riforma con cui venne istituita la Procura Nazionale Antimafia.
Giovanni Falcone nacque a Palermo il 18 maggio 1939, da Arturo, direttore del Laboratorio Chimico, e da Luisa Bentivegna.
Dopo aver frequentato il Liceo classico Umberto Giovanni si iscrisse all'Accademia navale di Livorno, ma pochi mesi dopo torno in Sicilia per iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, dove consegui la laurea nel 1961.
Nel 1964, Falcone divenne pretore a Lentini per poi diventare sostituto procuratore a Trapani, dove rimase per dodici anni e s’interessò sempre di più al settore penale.
Subito dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, avvenuto il 25 settembre 1979, Falcone cominciò a lavorare a Palermo presso l'Ufficio istruzione e ben presto il consigliere istruttore Rocco Chinnici gli affidò le indagini contro Rosario Spatola, un mafioso legato alla criminalità statunitense, e che vide il procuratore Gaetano Costa, ucciso nel giugno 1980, duramente ostacolato per la firma degli ordini di cattura della famiglia Spatola.
Proprio in questa prima esperienza Giovanni capì che per perseguire i reati e le attività di ordine mafioso occorra avviare indagini patrimoniali e bancarie, ma soprattutto occorreva la ricostruzione delle connessioni criminali locali e internazionali.
Il 29 luglio 1983 Chinnici, che guidava un team di magistrati di cui facevano parte Falcone e il suo amico e collega Paolo Borsellino, fu ucciso con un’autobomba in via Pipitone.
Come suo sostituto venne scelto Antonino Caponnetto, che aveva lo scopo di assicurare agli inquirenti il suo supporto nelle indagini sui delitti di mafia.
Del pool antimafia, com’era chiamato, oltre a Falcone e Borsellino, che aveva condotto l'inchiesta sull'omicidio del capitano dei Carabinieri Emanuele Basile, avvenuto nel 1980, facevano parte anche i giudici Di Lello e Guarnotta.
Ma la svolta avvenne nel luglio 1984 a Roma, con la confessione di Tommaso Buscetta al sostituto procuratore Vincenzo Geraci e di Gianni De Gennaro della Criminalpol, che fece capire la grande struttura della mafia.
Nell'estate 1985 vennero uccisi Beppe Montana e Ninni Cassarà, due abili commissari e cari amici di Falcone e Borsellino che, per motivi di sicurezza, furono trasferiti con le famiglie presso il carcere dell'Asinara.
Il 16 dicembre 1987 la Corte di Assise di Palermo conclusa il primo maxiprocesso alla mafia, durato due anni nella storica aula bunker, con centinaia di condanne.
Pochi mesi dopo il Consiglio superiore della magistratura preferì il consigliere Antonino Meli a Falcone, a capo dell'Ufficio istruzione, al posto di Caponnetto che aveva lasciato l'incarico.
Il 20 giugno 1989 avvenne un fallito attentato dell'Addaura presso Mondello contro il giudice, cui si aggiunse nei mesi successivo una serie di lettere anonime che accusavano Falcone e i colleghi di aver nascosto prove importanti contro i mafiosi.
Amareggiato, nel 1991 Falcone accolse la proposta del vicepresidente del Consiglio dei ministri, Claudio Martelli, che era il capo del Ministero di grazia e giustizia, di dirigere gli Affari penali del ministero, con lo scopo di coordinare un gran numero di situazioni, che andavano dalle proposte di riforme legislative alla collaborazione internazionale.
Dal suo ufficio di Roma, Falcone si impegnò a modificare i rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria, oltre al coordinamento tra le varie procure, portandolo a livello nazionale e nel novembre 1991 venne istituita la Direzione nazionale antimafia.
Ma il 23 maggio 1992, alle 17.56, vicino al paese siciliano di Capaci, ben cinquecento chili di tritolo uccisero Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.
La notizia venne accolta dallo sdegno generale, ma solo due mesi più tardi, il 19 luglio, anche Paolo Borsellino fu ucciso da un'autobomba a Palermo in via D'Amelio, con gli agenti della sua scorta.
Oggi l’Albero Falcone, che si trova a Palermo in via Notabartolo, vicino al palazzo dove viveva il giudice, è sempre ricoperto di messaggi di grandi e piccoli, come ricordo di un uomo che per tutta la vita non si arrese mai.