Gino Bartali L’intramontabile
Re del ciclismo italiano, per anni il nome di Gino Bartali è stato legato a quello dell’amico rivale Fausto Coppi, i due si sono sfidati in tutte le corse, compreso naturalmente il Giro d’Italia.
Ma Gino è stato sopratutto un grande uomo, ha salvato tanti ebrei, e il Giardino dei Giusti a Gerusalemme gli ha riservato un posto.
Quest’anno il Giro d’Italia gli renderà omaggio partendo per la prima volta da un paese non europeo, Israele.
Gino Bartali nacque il 18 luglio 1914, a Ponte a Ema in provincia di Firenze, terzo dei quattro figli di Torello Bartali, un piccolo proprietario terriero.
A 13 anni iniziò a lavorare in un negozio di biciclette e, a 21 anni, fece il suo debutto come ciclista
dilettante con la società Aquila Divertente, poi nel 1935, pronto per il passaggio al professionismo, s’iscrisse alla Milano-Sanremo come corridore indipendente.
Dopo aver staccato Learco Guerra, si trovò incredibilmente in testa, ma frenato da un'intervista in corsa dal direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo, fu battuto in volata, arrivando quarto.
Ingaggiato dalla scuderia Frejus, Bartali corse il suo primo Giro d'Italia classificandosi settimo e vincendo una tappa, poi terminò la stagione con la vittoria al Criterio di Monitniujch, al Giro dei Paesi Baschi e laureandosi Campione Italiano.
Il 1936 vide il suo passaggio alla Legnano di Learco Guerra che, intuite le grandi qualità del nuovo arrivato, divenne il suo gregario permettendogli il successo al Giro di quell'anno, con ben tre vittorie di tappa.
Pochi giorni dopo, per la morte del fratello minore Giulio, avvenuta a causa di un incidente in una gara di dilettanti, Bartali pensò di abbandonare la carriera, ma ci ripensò dopo la vittoria nel Giro di Lombardia.
Nel 1937, capitano della Legnano e ormai numero uno del ciclismo italiano, vinse il secondo Giro d'Italia e venne scelto per il Tour de France, fino ad allora vinto solo due volte da Ottavio Bottecchia nel 1924 e 1925.
Mentre era ancora in maglia gialla Bartali fu costretto al ritiro da una brutta caduta nel Torrente Colau durante la tappa Grenoble-Briançon, per le ferite alle costole e una grave bronchite.
Nel 1938 il regime gli impose di saltare il Giro d’Italia per preparare al meglio il Tour de France, dove trionfò aggiudicandosi anche due vittorie di tappa e fu solo nel 1939 che riuscì a vincere la mitica Milano - Sanremo, mentre perse il Giro a favore di Giovanni Valetti, malgrado la vittoria in quattro tappe.
Nel 1940 arrivò il secondo successo alla Milano-Sanremo e si preparò per vincere il terzo Giro d’Italia, ma era arrivato alla Legnano un giovane promettente di nome Fausto Coppi, che Bartali stesso aveva voluto come gregario.
Nel corso di una tappa in pianura, in ritardo per una foratura, Bartali si fece male cadendo a terra a causa di un cane, cosi Pavesi, direttore del team, prese la decisione di puntare sul giovane Coppi, meglio piazzato in classifica.
All'arrivo della tappa Bartali si complimentò con Coppi e si mise al suo servizio come gregario, proprio come aveva fatto Guerra con Bartali e alla fine Coppi vinse il Giro.
La corsa rosa terminò il giorno prima dell'entrata in guerra dell'Italia e sancì l'interruzione della carriera per i due campioni.
Mentre lavorava come meccanico riparando le ruote delle biciclette, Bartali tra il settembre 1943 e il giugno 1944 si adoperò in favore degli ebrei, compiendo vari viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad Assisi, nascondendo documenti e foto tessere nei tubi del telaio della bicicletta in modo che una stamperia segreta potesse falsificare i documenti necessari alla fuga di ebrei rifugiati.
Ripresa la carriera nel 1945, Bartali era ormai dato per finito, al contrario di Coppi, più giovane di sei anni e considerato l'astro nascente del ciclismo italiano.
Nel 1946 Bartali trionfò al Giro d'Italia, mentre Coppi passato alla Bianchi terminò secondo con soli 47 secondi di distacco, mentre, non potendo partecipare al Tour, stravinse il Giro della Svizzera.
Un anno dopo vinse la Milano - Sanremo ma perse il Giro d'Italia a favore di Coppi, anche a causa di un banale guasto meccanico e bissò il successo al Giro della Svizzera, in quell’epoca il più prestigioso tra le corse a tappe del dopoguerra.
Nel 1948, in difficoltà nella parte iniziale della stagione e frenato per una caduta al Giro dove terminò solo ottavo, Bartali fu l'unico tra i grandi a rappresentare l'Italia al Tour de France come capitano, poiché Coppi riteneva di non essere pronto e Fiorenzo Magni non era amato dai francesi per ragioni politiche.
Nonostante la squadra scarsa, l'astio dei francesi nei confronti degli italiani, e l'età, il grande campione entrò definitivamente nella leggenda del Tour, vincendo e distogliendo l’opinione pubblica dall'attentato a Togliatti, segretario del PCI, che aveva provocato una grande tensione politica e sociale in Italia.
Quell'anno per Bartali terminò con il disastroso Campionato del mondo di ciclismo su strada di Valkenburg in cui lui e Coppi finirono per controllarsi a vicenda e si ritirarono tra lo sdegno degli immigrati italiani.
Nel 1949 arrivò secondo al Giro d'Italia vinto da Coppi e aiutò Fausto nella vittoria al Tour de France, giungendo ancora secondo, poi un anno dopo trionfò nella Milano-Sanremo sotto il diluvio, mentre fu costretto al ritiro al Tour che conduceva con Magni, a causa dell'aggressione dei tifosi francesi sul Col d'Auspin.
Dopo aver vinto a trentanove anni il Giro della Toscana, nel 1953 ebbe un brutto incidente stradale che rischiò di lasciarlo senza la gamba destra a causa della cancrena, ma dopo pochi mesi rientrò in scena alla Milano-Sanremo, dove, anche se non ottenne un grande risultato, ebbe tutta la folla dalla sua parte.
Nel 1954 decise di concludere la sua attività da professionista a Città di Castello, correndo in un circuito creato apposta per l'occasione.
Negli anni seguenti Gino diminuì la sua presenza nel mondo del grande ciclismo, criticando il doping, la corruzione e gli ingaggi troppo alti, fino alla morte, avvenuta per cause naturali il 5 maggio 2000.