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Pavia nelle carte di chi l'ha resa grande all’Università di Pavia

  • Paola Montonati

pavia carte 1Dal 17 marzo al 15 maggio al Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria di Pavia sarà allestita la mostra Pavia nelle carte di chi l'ha resa grande, ideata dalla Biblioteca Universitaria di Pavia, il Centro Manoscritti dell’Università di Pavia, il Museo per la Storia dell’Università di Pavia e l’Archivio storico dell’Università di Pavia.

“Il Parini la chiamò l’insubre Atene, e il Foscolo la disse l’Università più civile di tutte. Lui stesso ne accrebbe la civiltà, insegnandovi eloquenza italiana nell’anno accademico 1808-09. In verità, gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell’Ottocento furono la sua stagione più gloriosa per la presenza di chiarissimi ingegni come il Monti e il Volta, lo Spallanzani e il Mascheroni e lo Scarpa, uomini di fama europea, e proprio di loro disse il poeta: Parlano un suon che attenta Europa ascolta” disse Cesare Angelini dell’Università di Pavia nel Calendario Necchi del 1960.

La mostra sarà la storia dell’ateneo pavese tra documenti, libri, lettere e fotografie e le tavole originali create da Marco Giusfredi.

L’iniziativa è nel contesto delle manifestazioni di Pavia in poesia ideata da Leggere Pavia con il patrocinio del Comune di Pavia, giunta alla sua quarta edizione e sul tema della memoria.

Lazzaro Spallanzani, scienziato, docente e Direttore del Museo di Storia naturale, Antonio Scarpa, anatomista e chirurgo, Alessandro Volta, fisico sperimentale e inventore della pila, erano i grandi personaggi nell’ Università riformata da Maria Teresa, un Santuario delle scienze come disse Vincenzo Monti, chiamato nel 1802 a ricoprire la cattedra di Eloquenza e Poesia che sei anni dopo passò a Ugo Foscolo.

L’erede di Scarpa alla cattedra di chirurgia fu Luigi Porta, che venne interpellato dal ministro dell’Interno Urbano Rattazzi sulla ferita alla gamba di Garibaldi e garibaldini erano il geologo Torquato Taramelli e Edoardo Porro, studente e poi docente di clinica ostetrica all’Università di Pavia.

A coronare il tutto fu nel 1906 il primo premio Nobel assegnato a un italiano, Camillo Golgi “in riconoscimento del lavoro svolto sulla struttura del sistema nervoso” che ebbe tra le sue allieve Anna Kuliscioff, attivista politica, la cui domanda d’iscrizione venne respinta dall’Università di Pavia e che dovette laurearsi in medicina a Napoli.

A Pavia con la famiglia, che gestiva con un socio le officine elettrotecniche Nazionali Einstein -Garrone, arrivò anche Albert Einstein, che rimase sempre in contatto con gli amici pavesi.

Nel 1915 a Pavia la prima donna in Italia ad avere la libera docenza in botanica fu Eva Mameli, che cinque anni dopo si sposò con lo scienziato Mario Calvino per poi seguirlo a Cuba, dove nacque il figlio Italo.

E con Italo Calvino si apre la storia dell’ateneo legata a Maria Corti, che alla fine degli anni Sessanta istituì il Fondo Manoscritti, primo archivio italiano relativo alla letteratura del Novecento, con anche alcuni preziosi manoscritti del poeta Eugenio Montale, varie redazioni autografe della novella La Madonna dei filosofi di Carlo Emilio Gadda e l'edizione postillata di Mio cugino Andrea di Romano Bilenchi.

Oggi il Centro ha circa duecento fondi d'autore, come le carte dello scrittore vogherese Alberto Arbasino, del sacerdote pavese Cesare Angelini, della poetessa lodigiana Ada Negri, che documenti, lettere, manoscritti e fotografie illustrano la storia dell’ateneo pavese.

La mostra sarà visitabile dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 18,30, sabato dalle 8,30 alle 13,30.

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