Oro alla Biblioteca Universitaria di Pavia
Fino al 17 giugno è da non perdere la mostra Oro. Nei codici miniati della Biblioteca Universitaria di Pavia e nei Tableaux dorés di Remo Bianco, curata da Antonella Campagna, Maria Cristina Regali e Gabriella Passerini, che espone le miniature decorate con lamina d’oro selezionate tra i manoscritti dei fondi Aldini e Ticinesi della Biblioteca e i Tableaux dorés di Remo Bianco.
Dall’antico Egitto alla civiltà bizantina, dal Medioevo alla modernità l’oro ha nell’arte un duplice ruolo di ricchezza e di mistero, lusso e misticismo, luce terrena e divina nelle miniature dei codici medievali della Biblioteca Universitaria di Pavia e risplende nei Tableaux dorés di Remo Bianco, uno dei protagonisti del panorama artistico milanese e italiano del Novecento.
La mostra di Pavia mette a confronto epoche e tecniche diverse ed è promossa dalla Biblioteca e dalla Fondazione Remo Bianco di Milano per un dialogo tra antico e moderno, pubblico e privato.
Nel complesso, lungo e costoso processo di produzione dei codici, dopo la scrittura degli amanuensi e il disegno dei miniatori, la lamina sottilissima, ottenuta da monete, era applicata su una base di acqua, argilla, gesso e colla che, una volta asciutta, veniva raschiata delicatamente con un coltello e inumidito con l’albume prima di applicare l’oro.
Il lavoro era completato dal trattamento di brunitura con pietre dure o dente di animale per rendere il metallo lucente e omogeneo, poi si procedeva a dipingere il disegno della miniatura.
Nati da suggestioni orientali ed elaborati a partire dai Collages, i primi Tableaux dorés, o Impronte, come spesso li chiamava Bianco, nascono verso il 1957, divenendo subito uno dei cicli più noti e duraturi dell’artista, perfetto per sperimentare ogni tipo di passione pittorica attraverso le sottilissime foglie d’oro che, disposte in rettangoli o quadrati all’interno di uno schema , hanno aspetti sempre diversi.
La mostra è aperta dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 18.30 e sabato dalle 8.30 alle 13.30.
La vita di Remo Bianco
Remo Bianco nacque nel sobborgo milanese di Dergano il 3 giugno 1922 e nel 1937, dopo aver intrapreso diversi lavori, iniziò a frequentare un corso di perfezionamento di disegno nelle sere dell' Accademia di Brera a Milano.
Fu qui che il pittore Filippo de Pisis notò Remo e divenne il suo mentore, infatti tra il 1945 e il 1950 il ragazzo dipinse prevalentemente dipinti ad olio figurativi, influenzati in particolare dal postimpressionismo francese, e in particolare le opere di Rouault e Cézanne, oltre a Picasso.
Alla fine degli anni Quaranta Bianco sperimentò anche le sue prime opere tridimensionali e calchi in gesso , come tracce lasciate da pneumatici, crepe nell'asfalto e altri segni quotidiani.
Nei primi anni Cinquanta la sua ricerca si allineò strettamente con la teoria di Lucio Fontana dello Spazialismo, con opere ricche di pietre, frammenti di vetro e creando la serie Nucleari, caratterizzata dalla loro materialità. Inoltre ha eseguito diversi lavori astratti su lastre di plastica o vetro assemblate.
Bianco nel 1953 incontrò Virgilio Gianni, che divenne suo amico e mecenate, oltre che il suo più importante collezionista.
Nel 1955, con una borsa di studio di Gianni, fece un viaggio negli Stati Uniti, dove conobbe le opere di Marca-Relli, Donati e Kline e i dipinti di Jackson Pollock.
Tra il 1959 e il 1960 iniziò a lavorare con Sephadex, un gel chimico capace di dividere le sostanze in base al loro peso, e studiò le proprietà fisiche ed estetiche del materiale.
Nel 1969, oltre a una mostra a Moderna Musset, espose alla Galleria Vismara di Milano una scultura 3D.
Tra il 1984 e il 1985, Bianco viaggiò in India, prima di morire a Milano il 23 febbraio 1988.