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La tomba di Mimulfo a San Giulio d'Orta e altre memorie longobarde nel novarese

  • Paola Montonati

san giulio novarese pavia 1Per la mostra Regine e Re longobardi, la Biblioteca Universitaria di Pavia, in collaborazione con il Soroptimist Club di Pavia, giovedì 12 ottobre alle 17 proporrà la conferenza di Fiorella Mattioli Carcano, La tomba di Mimulfo a San Giulio d'Orta e altre memorie longobarde nel novarese, presso il Salone Teresiano della Biblioteca.

Nel contesto della ripartizione del regno longobardo in ducati, il ducato di San Giulio è davvero unico, infatti, non è toponomasticamente collegato con un centro urbano.

Paolo Diacono lo cita con il nome di Mimulfo, dux de Insula sacti Iulii, dal 575, mentre L'Origo gentis Langobardorum racconta la storia del tradimento di Mimulfo, che aveva ceduto il passaggio ai Franchi, lungo l'antica strada che si trovava a mezza costa sul Cusio orientale, allora collegamento fra la bassa novarese, e di qui a Pavia, con il confine francese.

Il ducato venne costituito già nei primi anni dalla conquista longobarda, ma non è chiaro il motivo per cui la residenza dei duchi venne posta all'Isola di San Giulio, e non a Novara, antico centro romano, sede del vescovo locale, come era accaduto per gli altri ducati piemontesi, tra cui Ivrea, Torino e Asti.

Uno stretto e complesso legame unì per secoli l'episcopato novarese e la Riviera di San Giulio, terra posta nel cuore della diocesi di San Gaudenzio.

Con il tempo i presuli novaresi dell'alto medioevo ebbero un’attenzione tutta particolare, grazie a motivazioni di carattere religioso e di carattere strategico, per fare di quest’isola rocciosa con un forte legame alle tradizioni religiose locali, posta in un punto nodale della strada che da Novara portava oltralpe, e caratterizzata dalla presenza di una via alternativa di transito costituita dal lago, il cuore della loro signoria temporale.

La Dictio Sancti Iulii dice che “Questa piccola regione dicesi la Riviera, perché formata dalle sponde del lago da ogni parte...Sebbene talvolta con altro nome si appelli, correttamente però si dice Lago di San Giulio, e così pure l'Isola, qual nome riesce assai gradevole in causa del sant’uomo che onorò tutta la regione”.

Novara venne abbandonata già durante la guerra greco-gotica dal vescovo Filacrio, che si era rifugiato sull'isola di San Giulio, dove c’era un grande castello già all'inizio del VI secolo, e dove, dopo vent'anni di residenza, morì nel 553.

La presenza longobarda nelle province di Novara, Cusio Ossola e Valsesia è stata attestata in alcuni luoghi, come Oleggio (Olegio Langobardorum) e Gozzano, ricche di numerose sepolture longobarde.

Nel 1688, negli scavi per la ricerca della tomba di san Giulio, venne alla luce nella cripta della chiesa dell’isola un sarcofago con i resti di un cadavere acefalo.

La lastra di chiusura, che aveva incisa la frase Meynu.l, andò dispersa, mentre il piccolo sarcofago fu riutilizzato come una cassa per le elemosine, ancora oggi visibile nella basilica di San Giulio.

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