Sant’Antonio festeggiato in Lomellina
In Lomellina, fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando le cascine erano parecchie, all’interno di ogni stalla c'era l'altarino consacrato a Sant'Antonio Abate, protettore degli animali, sempre ben tenuto, inghirlandato e con un lumino acceso.
Ogni anno, nel giorno della “santissima solennità” del Santo, che cade il 17 gennaio, il Parroco passava per le stalle del paese per dare una benedizione particolare agli animali.
In quel giorno non veniva usato o macellato nessun animale nelle cascine lomelline, per ringraziare il santo e avere la sua benedizione, e le stallette dei ciacarè, dove i contadini si riscaldavano, erano pulite con grandissima cura ed era collocato uno speciale altarino per Sant’Antonio.
Ogni altarino era decorato con una tovaglietta di carta, fatta in casa, dove erano collocati i lumini accesi consacrati al santo.
Alla fine della Santa Messa il parroco andava a benedire l’altarino e in cambio riceveva, in un cestino, come dono, alcune uova oppure salamini, che venivano in seguito regalati ai più poveri, oppure erano usati per la mensa della canonica.
Il pomeriggio del giorno dopo, a bordo di un calesse, il parroco andava a benedire le stalle nelle cascine dei dintorni, dove di sera si recitava il rosario e si mangiavano le castagne secche con latte e zucchero.
Per il pranzo, invece, si consumavano i salami lasciati ad affumicare nel corso dell’inverno, con anche un gran numero di cotechini, fegatini e sanguinacci, mentre si beveva vino fino alle prime ombre della sera.
Sempre nelle tradizioni contadine Sant'Antonio Abate era detto il padrone del fuoco, e per questo veniva considerato il guaritore dell'herpes zoster, che allora era chiamato Fuoco di Sant'Antonio.
Da sempre nella notte tra il 16 e il 17 gennaio, si bruciano grandi cataste di legna, che sono chiamate proprio i Fuochi di Sant'Antonio.
Alla fine del rogo le ceneri, che erano conservate in appositi sacchettini nascosti nelle tasche degli abiti, servivano fino alla fine dell’anno come amuleti, infatti, secondo la leggenda tenevano lontane non solo le malattie, ma anche la sfortuna.
Ancora oggi, soprattutto in molti piccoli centri, queste tradizioni vengono rinnovate con immutata dedizione.