Monastero della Pusterla
Quella che è adesso la sede del Seminario Vescovile ha origini che affondano nell’epoca Longobarda.
Le origini di questo monastero di benedettine risalgono all’età longobarda quando fu fondato da un certo Gregorio, che lo chiamò cosi in memoria di Teodote, una nobile fanciulla che, dopo essere stata sedotta da re Cuniperto, vi venne rinchiusa.
A lungo sostenuto economicamente dai pontefici e dai sovrani, il monastero fu sopranominato della Pusterla in quanto era vicino a una porta minore delle mura di Pavia.
Dopo la sua soppressione nel 1798, il convento divenne una abitazione privata, e nel 1868 vi fu insediato il Seminario Diocesano, fino a oggi.
L'interno mantiene ancora le eleganti forme del chiostro quattrocentesco, dotato di arcate slanciate con delle snelle colonne marmoree, mentre le ghiere delle arcate meridionali sono rivestite da formelle in cotto con dei deliziosi putti svolazzanti, oltre a dei tondi su sfondo a conchiglia, decorati all’interno con busti di monache che pregano a mani giunte.
Nel lato occidentale del chiostro troviamo un portale ogivale in cotto decorato da ricchissimi fregi con puttini e grappoli d'uva inseriti in una serie di motivi a fogliame, mentre il porticato di mezzogiorno ospita un affresco di Bernardino de Rossi del 1491.
Sul lato orientale troviamo una serie di affreschi quattrocenteschi, con le storie di Lazzaro e San Pietro che risana uno storpio.
Il refettorio del lato sud del chiostro è dotato di una copertura di volte a vela che poggiano su capitelli pensili, identici al chiostro di S. Lanfranco.
Il portico settentrionale era addossato al fianco della chiesa altomedievale di San Michele che fu demolito nel 1867 che era dominato da una solida torre dotata di una decorazione con tre croci in rilievo, oggi visibile sulla parete a nord del chiostro.
La chiesetta del Salvatore, che si trova nel convento femminile di S. Maria Teodote o della Pusterla, costituisce uno dei più raffinati complessi artistici e architettonici risalenti alla prima metà del Cinquecento.
La costruzione della cappella iniziò nel 1457 con una richiesta delle monache a Bianca Maria Visconti di una serie di esenzioni daziarie allo scopo di facilitare i lavori di rinnovamento della loro piccola chiesa romanica, dotata di un ampio chiostro e un grande refettorio sul lato sud, oltre alla sala del capitolo sul lato occidentale e un oratorio a pianta centrale sul lato orientale.
L’oratorio è a croce greca, con bracci absidati, mentre nello spazio centrale si trova un'ampia cupola emisferica con colonne montate su alti plinti, mentre negli spazi angolari formati dai bracci della croce troviamo delle cupolette emisferiche.
Stupefacenti per l’iconografia e l’omogeneità stilistica sono le decorazioni a fresco che rivestono il piccolo ambiente di volte, semicalotte, sottarchi e cupoline.
Sebbene non esistano documenti utili a chiarire chi sia stato l’artefice della decorazione, si può sostenere che probabilmente i pittori della Pusterla erano coloro che appartenevano al protoclassicismo lombardo e padano.
In questa area il pittore di spicco fu il pavese Bernardino Lanzani che probabilmente fu l'ideatore e l'esecutore della decorazione della Pusterla, con gli Angeli musicanti e i tondi con gli Evangelisti della cupola centrale, oltre alle volte con Apostoli e santi e le tre calotte con la Resurrezione, l'Ascensione e la Trasfigurazione e quelle minori con i Dottori della Chiesa.
Nella decorazione della volta dell’ingrasso con Profeti, Patriarchi e Storie della Passione, è stata invece riconosciuta la presenza giovanile del collaboratore del Lanzani che ancora oggi viene chiamato come il Maestro delle Storie di S. Agnese, dotato di uno stile che giunse a maturazione dopo un precoce viaggio a Roma, forse assieme a Bramantino e Gaudenzio Ferrari.