Le edicole votive di Pavia
Anche a Pavia, come spesso accade, ci sono edicole votive, quelle piccole cappelle presenti sul ciglio della strada, nate nella maggior parte dei casi per ricordare eventi miracolosi o devozioni particolari.
Tutte queste edicole e immagini sacre, come segno di ringraziamento verso la Vergine o il Crocifisso per lo scampato pericolo, erano frequenti dentro e fuori le mura, in particolare dopo la fine dell’epidemia di peste scoppiata a Pavia nel 1577.
Due di queste edicole, oggi perdute, hanno dietro di loro una storia davvero da ricordare, ricca di miracoli e racconti legati al mondo dei ladri locali.
Uscendo da Pavia, ai lati della strada che procede in direzione di Lardirago, tanto tempo fa si trovava una piccola edicola votiva, oggi perduta, che conservava al suo interno un affresco raffigurante un Cristo crocefisso tra la Madonna e la Maddalena, detto dal popolino pavese “al Signür di làdar”, cioè il Signore dei ladri, poiché quella strada da sempre era stata teatro di ruberie e assalti da parte dei banditi, favorite dal terreno ondulato e dall’abbondante vegetazione che cresceva lungo la strada.
Le rapine non erano solitamente degli assalti con spargimento di sangue, ma per lo più finivano per essere aggressioni a un ignaro carrettiere sbronzo da parte di borseggiatori spesso nascosti dietro l’edicola votiva, come se contassero sulla protezione del Cristo.
Sempre sul mondo dei ladri a Pavia, una leggenda dice che una notte un malintenzionato entrò furtivamente nella chiesa di San Giovanni, dove era sepolto San Massimo, ottavo vescovo di Pavia.
L’intenzione del ladro era quella di rubare il pallio dell’altare, ma in quel momento fu immobilizzato proprio davanti all’urna del Santo.
La mattina seguente, i canonici entrati in chiesa scoprirono il ladro e per salvarlo gli dissero di chiedere perdono per il suo sacrilegio con una serie di preghiere da recitare davanti all’urna.
Dopo aver oltrepassato l’edicola votiva di Lardirago, in quel tratto che da Pavia conduce a Belgioioso, appena fuori i bastioni delle mura spagnole, c’era una cappellina, dove era conservata un’immagine della Madonna che offriva un frutto al Bambino.
Pare che la cappellina fosse stata costruita per accogliere degnamente un precedente affresco che era solo impresso sopra un muro, al centro di un vero e proprio miracolo.
Il 25 marzo 1609, giorno dell’Annunciazione, Agostino Ratazza, che aveva braccia e gambe paralizzate, venne trasportato dal domestico da Belgioioso alla sua residenza pavese.
Raggiunta la zona dove si trovava l’affresco, il domestico depose Agostino a terra, con la schiena appoggiata al muro della sacra immagine, e si allontanò per sbrigare alcuni impegni.
Il ragazzo vide l’immagine della Madonna e le chiese aiuto, promettendo che si sarebbe fatto frate se fosse stato liberato dalla sua infermità fisica.
Subito dopo Agostino sentì una voce sconosciuta che gli ordinò di alzarsi e camminare e in un attimo il giovane balzò in piedi e si mise a camminare tutto felice.
Ma, quando Agostino arrivò alla maggiore età, non mantenne il voto fatto alla Madonna, si sposò con una giovane spagnola e poco dopo ritornò paralizzato, com’era stato da ragazzo.
Lasciato dalla moglie, il giovane morì solo e disperato, sentendo che aveva mancato di rispetto alla Madonna.
Il miracolo fu visto come un segno che la Vergine volesse essere venerata in modo particolare proprio in quel posto, per cui fu eretto il santuario di Santa Maria delle Grazie o Santa Teresa perché vi è venerata questa santa.