Pavia Dall'antica Micene agli States
Martedì 22 novembre, alle 20.30, presso l'Aula Goldoniana del Collego Ghislieri, si terrà la conferenza Dall'antica Micene agli States - Conversazione Dannunziana, con Pietro Gibellini e Maurizio Harari, a cura di Maria Pia Pagani dell’Università di Pavia, con la collaborazione di The Dead City Project.
“Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato” disse Eleonora Duse prima di morire pensando al suo grande amore Gabriele D’Annunzio.
Nel 1892 ci fu il primo contatto epistolare, dato che la Duse aveva appena letto L’Innocente e chiese all’autore di preparare un’opera che lei potesse portare in scena.
A Venezia nel settembre 1894 avvenne l’incontro fatale e da allora Eleonora, nonostante i fischi e i mugugni del pubblico, cercò di fare conoscere al mondo intero l’opera teatrale di D’Annunzio, che per lei scrisse quattro tragedie.
La sofferenza della Duse accanto al Vate, in una vita che la portò a recitare, a guadagnare e a indebitarsi per poter portare in scena le fallimentari opere teatrali dell’amato, mentre lui continuava a spendere il suo denaro per potersi mantenere nel lusso più sfrenato, fu enorme.
Per Eleonora il poeta scrisse Il sogno di un mattino di primavera, che fu definito dalla critica come “infantile, presuntuoso e di una noia insopportabile” e questo lo portò a scrivere La città morta per la diva Sarah Bernhardt, più adatta alle sue divoranti ambizioni.
Tradita come donna e come attrice, la Duse decise di troncare la relazione, ma continuò ad amare D’Annunzio, che la offese nel romanzo Il Fuoco, mette a nudo la loro storia d’amore.
Ma l’offesa più imperdonabile fu quella di togliere a Eleonora il ruolo di protagonista nel dramma La figlia di Iorio, scritto su misura per lei, quando ormai l’attrice stava per portarlo in scena.
Solamente molti anni più tardi D’Annunzio sembrò pentirsi al punto, che chiese a Mussolini di far tornare la salma della Duse in patria dopo la sua morte a Pittsburgh il lunedì di Pasqua del 1924.
Al Vittoriale di Gardone, sul Lago di Garda, è ancora presente nella stanza detta L’Officina il busto di Eleonora Duse, che il Vate chiamava musa velata dato che di solito teneva la statua coperta da un velo per non provare dolore nel rivedere quell’immagine che la mostrava bella come un tempo.
Alla 21 ci sarà Diva=Star=Duse, una mostra virtuale sulla fortuna internazionale della tragedia La Città Morta e proiezione commentata del documento Remembering Eleonora Duse, vincitore del Premio Duse 2016, con Elena Bucci, regia di Luisa Pretolani e Massimiliano Valli.