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Festa di Sant’Alberto di Butrio 2023

  • Paola Montonati

alberto butrioPer un viaggio alla scoperta dell'affascinante ambiente che circonda l'abbazia medievale di Sant'Alberto di Butrio, immersa nella ricca natura dell'Oltrepò Pavese, ci sarà un'emozionante escursione prevista per domenica 19 marzo 2023.

Situata a 500 metri di altezza, in posizione panoramica sopra il rio Begna, un affluente del torrente Nizza, l'eremo è famoso per un ciclo di affreschi quattrocenteschi splendidamente conservati, ma anche per il mistero che circonda il suo ruolo nel potente marchesato dei Malaspina.

Durante l'escursione si andrà lungo la mulattiera del Barbarossa e tratti del canyon del Begna, rimanendo in prevalenza tra i boschi misti di quercia e carpino e tra bellissimi castagneti secolari, per osservare numerose tracce di animali selvatici e capire come le colline del Pavese siano ricche di biodiversità e rifugio di tante specie animali.

Arrivati all'eremo di Sant'Alberto ci sarà la visita guidata degli interni e si pranzerà con prodotti locali e specialità gastronomiche, accompagnate da vini locali.

L'opera del monastero è stata fondamentale per il patrimonio gastronomico dell'Oltrepò Pavese, sviluppando produzioni dai formaggi vaccini e caprini alle conserve di frutta, dal miele alle castagne fino alle erbe selvatiche.

L'atmosfera incantata del luogo è evidente anche nel percorso di ritorno, che scende lungo il rio Begna, dove fenomeni erosivi hanno generato un piccolo canyon con grotte ed anfratti che avevano ospitato Sant'Alberto ed i suoi confratelli.

La camminata, di medio-facile difficoltà e lunga 8 km, si concluderà verso le 16:30 al punto di partenza, dopo una giornata nella natura e nella storia di queste terre, alla scoperta dei tesori che l'Oltrepò Pavese può offrire.

La storia dell'eremo 

L’edificazione dell’eremo venne iniziata nel 1030 per mano dello stesso sant'Alberto, che aveva ricevuto il monte e la sue terre come segno di ringraziamento da parte di un nobile locale, a cui aveva guarito uno dei suoi figli che era muto.

Il primo nucleo dell’eremo era una chiesetta consacrata alla Madonna, ma in seguito gli eremiti edificarono un monastero di cui oggi ci rimangono il chiostrino ed il pozzo.

Col tempo l'eremo divenne una grande potenza spirituale e temporale, al punto che erano numerose le dipendenze dell'eremo collocate tra Piacenza, Pavia, Alessandria e Genova.

L’avvento della commenda, verso il XV secolo, aprì un’era di decadenza per l'eremo, tanto che nel 1543 gli ultimi monaci furono costretti a trasferirsi altrove, lasciando solo un sacerdote a guardia della chiesa, che nel 1595 divenne parrocchia.

Dopo tre secoli di abbandono totale, in cui il monastero e parte della torre campanaria vennero distrutti, nel 1810 le leggi napoleoniche condussero alla soppressione e requisizione governativa dell'eremo.
Solo nel 1900, con la riesumazione dei resti mortali di sant'Alberto, si decise di affidare l'eremo a don Luigi Orione e alla sua Opera della Divina Provvidenza.

Nel 1921 don Orione collocò nell’eremo uno dei rami della suo ordine, noto come gli Eremiti della Divina Provvidenza, che aveva fondato nel 1899, con un sacerdote come parroco.

Il più noto degli Eremiti è frate Ave Maria, che vi visse dal 1923 al 1964, anno della sua morte, conducendovi una vita di grande valore spirituale per santità, preghiera e penitenza.

L’eremo è composto dalla chiesa parrocchiale di Santa Maria e tre oratori comunicanti fra di loro, il primo dedicato a sant'Antonio si trova nella porta d'ingresso, mentre nella navata di sinistra troviamo la cappella del Santo Santissimo, mentre in quella di destra vi è l’originaria chiesa di Sant'Alberto.
Tutti gli affreschi della chiesa solo della fine del Quattrocento sono del 1484, e fino a poco tempo fa erano considerati opera dei fratelli Boxilio, ma è molto più probabile che l’autore si stato un monaco pittore che a causa della sua umiltà preferì restare nell’anonimato.

Inoltre gli studiosi suppongono che molti affreschi dell’eremo, specialmente quelli dipinti nella chiesa di Santa Maria, siano andati distrutti nel corso dei secoli a causa di alcuni sconsiderati restauri.
Nel 1973, per onorare il nono centenario della morte di sant'Alberto, la chiesa di Santa Maria è stata restaurata e riportata com’era all’origine.

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