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La Pieve di Velezzo

velezzo pieveNel cuore delle campagne lomelline, nelle vicinanze del paese di Velezzo, si trova la Pieve, un bel raggruppamento di cascinali che fanno capo ad un complesso architettonico composto dalla chiesa, oltre ad un battistero e al campanile. Le origini del complesso si perdono nella leggenda: probabilmente il nucleo più antico, cioè la chiesa dedicata alla natività della Vergine Maria, risale al X secolo, mentre nel XI secolo venne costruito il battistero di San Giovanni Battista, dalla famigliare forma a spina di pesce e con i mattoni rossi tipici dello stile architettonico dell’epoca.

Le prime attestazioni storiche risalenti alla pieve risalgono ai registri comunali risalenti al 1259 e conservati presso la Biblioteca Civica Carlo Bonetta di Pavia, in cui viene reso noto che tra le donazioni ecclesiastiche della provincia pavese vi erano le ecclesie plebis Sanctae Maria di cui il prevosto Guillelmo doveva riscuotere tre moggia pavesi di grano, una quota che rende bene lo stato di povertà e decadenza della Pieve. Successivamente nel 1323 la situazione migliorò anche se in piccola parte; infatti dai registri di quell’anno risulta che la Pieve possedeva quattro canonicati, ma le quote minime che dovevano essere versate denotano che i tempi difficili era ben lontani dall’essere finiti. Il 1 ottobre 1460 Amicus de Fossulanis, vicario del vescovo di Pavia, giunse in visita pastorale a Velezzo. Arrivato sul posto trovò una situazione ad dir poco desolante: la chiesa era ormai ridotta a un rudere diroccato, e solo l’abitazione di un contadino che viveva nei paraggi appariva riparata e ben tenuta.

Il battistero versava in condizioni migliori, anche se l’arredamento consisteva solo di un altare privo di tutti i paramenti sacri. Inoltre il vicario apprese che nei giorni festivi celebrava la messa un sacerdote sostituto in quanto il preposito non era stato ancora consacrato sacerdote e i canonici locali abusavano della loro rendita, non curandosi della chiesa e dei fedeli. Subito dopo la visita pastorale il preposito, sollecitato dal vicario, approntò una massiccia serie di restauri alla chiesa che tuttavia non avrebbero dato i risultati sperati. Infatti le due visite pastorali del 1561 e del 1565 confermarono lo stato di degrado assoluto della chiesa, ormai gestita solo dai fittavoli e dai canonici locali, e senza che ci fosse un sacerdote a capo della comunità locale. Dopo la terza visita pastorale del 1576 iniziarono dei lavori di restauro veri e propri che condussero nel XVIII secolo al prolungamento della chiesa e alla costruzione della sacrestia, a cui seguirono verso la fine dell’800 la costruzione della cappella del S. S. Rosario e un nuovo ampliamento della chiesa. Nel 1966 un articolo di Mario Soldati “L’Agogna: un fiume da portare in televisione” in cui si parlava della Lomellina romantica e preromantiche diede inizio alla riscoperta della Pieve di Velezzo che sarebbe culminata con i restauri degli anni 80, dando al complesso la fisionomia attuale. Attualmente la Pieve è costituita dalla chiesa e dal battistero restaurati, che in parte sono ancora inglobati nei locali della casa parrocchiale. La chiesa è ad una sola navata rettangolare, chiusa da una abside semicircolare, mentre la navata è coperte da una volta a botte affrescata, e riceve luce da quattro finestre semicircolari che si aprono sulle pareti laterali della navata. Nell’emiciclo absidale vi sono le tracce di un affresco rivenuto durante i restauri, mentre gli affreschi più recenti mostrano Cristo risorto con tralci di vite e spighe di grano. Nella parete meridionale si apre una piccola abside che conduce al confessionale, risalente alla fine dell’800.

La facciata della chiesa presenta una porta di ingresso che mostra le tracce di un dipinto raffigurante la Natività di Maria, mentre ai lati delle alte lesene rettangolari sorreggono un architrave sormontato da una croce. Il battistero è collocato a sud-est della chiesa ed è costituito da un corpo centrale preceduto da un vestibolo scandito da lesene che ne ritmano la struttura interne, interrotta a nord e a sud da dei cotti semicircolari di età romana circondati da mattoni a raggiera. Al battistero si è introdotti da una piccola porta ad arco che conduce nel vestibolo, mentre ad est vi è una arcata chiusa, con ai lati due dipinti di cui uno molto difficile da interpretare, mentre il secondo raffigura la Crocefissione. Il protero è coperto da una volta a botte intonacata, mentre al lati si aprono tre monofore basse che danno luce al complesso. 

Paola Montonati

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